Come si salva un formaggio antico, la cui produzione colpita da terremoto, nevicate di portata straordinaria e dalla tragedia dell’hotel Rigopiano è al momento seriamente a rischio?
Stiamo parlando del formaggio di Farindola, prodotto nella borgata omonima in provincia di Pescara situata sul versante sinistro del Gran Sasso, non lontano da Penne e da Loreto Aprutino, un pecorino tutto particolare, dal sapore forte e caratteristico, dovuto al fatto che nasce con l’ausilio di un caglio ricavato dallo stomaco del maiale tagliato a listarelle e quindi “imbottigliato” con un vino rosso di qualità.
Ancora oggi la lavorazione viene affidata a “mani femminili”, come prevede l’antico disciplinare. La stagionatura dura in media 4 mesi, però si presta bene a invecchiare ulteriormente, dai 12 ai 18 mesi.
L’Abruzzo, terra di pastori e di pascoli, produce da sempre pecorini di ottima qualità, dalle caratteristiche che cambiano a seconda della tecnica usata e del tipo di latte di provenienza.
L’idea per salvare il pecorino di Farindola, presidio Slow Food, è semplice: ripopolare i greggi di pecore che danno il latte impiegato per la produzione.
Semplice: ripopolando la fauna ovina che dona il latte usato per questa pregiata particolarità. Si parla del pecorino di Farindola, paese in provincia di Pescara, presidio Slow Food e prodotto a ridosso dei Monti della Laga, nel versante orientale del Gran Sasso.
L’allevatore coinvolto è Pietro Paolo Martinelli, 37 anni, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari nonché titolare dell’Azienda Agricola Martinelli, da un quindicina d’anni poco fuori il centro abitato di Farindola, capofila di un consorzio che associa nel nome del pecorino 30 realtà locali.
Come per molte di queste imprese, anche quella di Martinelli si trova a fare i conti con i danni subiti, in particolare con la morte di 350 pecore e 250 agnelli per il crollo delle stalle che le ospitavano a causa prima del terremoto, poi delle forti nevicate. Con la conseguenza che ora il latte per produrre il pecorino di Farindola scarseggia.
Il rischio ha indotto Coop, che nei suoi supermercati distribuisce il formaggio con il marchio Fior Fiore, a donare 100 pecore all’azienda agricola di Martinelli.
Si tratta di pecore appartenenti alla razza Lacaune, anche se nei secoli scorsi per la produzione del formaggio veniva impiegata la razza Pagliarola, oggi purtroppo estinta.
[Crediti | Link: Ansa, Repubblica]