Snack, carni lavorate come le salsicce o il prosciutto, pane e focacce confezionati e perfino pasta e zuppe già pronte per il consumo. Cos’è, la lista della spesa di uno studente fuori sede? Beh, anche. Tutti questi alimenti, in realtà, condividono una pertinenza: si tratta infatti di cibi appartenenti alla categoria degli ultra-processati, ossia prodotti costituiti da formulazioni di ingredienti (sale, zucchero, grassi e altre sostante derivate, tanto per intenderci), con un’alta concentrazione di additivi e tendenzialmente confezionati con materiali sintetici. Una categoria che sovente finisce nel mirino della comunità scientifica per i suoi effetti negativi per la salute dei consumatori, e che è recentemente stata presa in esame da un nuovo studio pubblicato su The Lancet planetary health che ha arricchito di nuova conoscenza il già ampio mosaico che collega tali prodotti all’insorgere del cancro.
Pasta e zuppe pronte, affettati e altro: i dettagli dello studio
Ma partiamo dalle basi: gli scienziati hanno seguito un totale di circa 450 mila persone distribuite in 10 Paesi europei (tra cui anche l’Italia) nell’arco di tempo compreso tra il 1991 e il 2001; e somministrato loro questionari medici o, in alternativa (come nel caso delle città di Ragusa e Napoli e della Spagna) effettuato tradizionali interviste faccia a faccia. Una volta raccolti i dati il calcolo dei grammi degli alimenti assunti (e il loro effetto sulla salute) è stato declinato secondo una serie di parametri come sesso, stato e intensità del fumo, livello di istruzione, attività fisica, altezza e diabete.
I risultati parlano chiaro: la sostituzione del 10% di alimenti trasformati con quelli non o poco trasformati potrebbe contribuire ad abbassare il rischio globale di cancro in media del 4%, con picchi particolarmente interessanti nella riduzione del rischio per quanto riguarda il cancro al seno e al collo (-20%), all’esofago (addirittura -43%) e al colon (-12%).
Nell’analizzare tali cibi – tra gli esempi citati nello studio figurano le carni lavorate, bevande analcoliche gassate, pane e focacce confezionati, cioccolato e come anticipato pasta e zuppe pronte – alla ricerca degli “ingredienti” più problematici gli scienziati hanno individuato il loro valore nutritivo basso e, più in particolare, la presenza di sostanze chimiche associate ad alterazioni del metabolismo che innescano un aumento di peso. Alcuni esempi sono gli ftalati, il bisfenolo A (Bpa), i Pfas e il Ddt, che nonostante sia vietato da decenni continua a presentare ricche tracce nel suolo e nelle piante.
L’occhio degli scienziati si è poi posato anche sugli imballaggi che contengono tali alimenti: anche in questo caso la cosiddetta pietra dello scandalo riguarda la presenza di sostanze chimiche come il bisfenolo A, ampiamente utilizzato nei Paesi industrializzati nella produzione delle plastiche in policarbonato, nei recipienti per uso alimentare e nelle resine che compongono il rivestimento protettivo interno alle lattine.
Qualche parola a parte, infine, per il mondo degli affettati, nel cui caso la comunità scientifica ha evidenziato (a più riprese) un ingombrante legame con il rischio di cancro. “Il nitrato di sodio è utilizzato anche per preservare i prodotti trasformati e ultra-trasformati a base di carne e di pollame” ha spiegato Nathalie Kliemann, principale autrice dello studio e ricercatrice presso lo University College London. “Questo studio fornisce delle prove supplementari indicando che la sostituzione degli alimenti trasformati ed ultra-trasformati con una stessa quantità di cibi poco lavorati potrebbe essere un obiettivo importante nelle strategie di prevenzione del cancro nell’ambito della salute pubblica”.