Nei tempi dell’informazione ultra rapida la lettura approssimativa, un po’ bulimica, di tutto ciò che capita sotto gli occhi è diventato un vizio. Un vizio che, però, ha la brutta conseguenza di perdere qua e là frammenti che sono vitali per fornire il contesto (o la veridicità) alla notizia. È un po’ quanto è successo a Vincenzo Divella, patron dell’omonimo gruppo produttore di pasta, che la scorsa settimana si è detto preoccupato per un carico di 30 mila quintali di grano tenero russo (utilizzato in pasticceria) che rischiava di rimanere fermo al porto di Azov, proprio al centro del conflitto.
Ecco, il diavolo sta proprio nei dettagli, o nelle parentesi. L’intervista comincia a girare sui social, e in molti si perdono per strada l’indizio cruciale. Grano russo? Ma come sarebbe a dire? Il pacco di pasta integrale della Divella si fregia del distintivo “100% grano italiano”, e questi importano il grano dalla Russia? E via di meme che accostano le dichiarazioni di Divella con il pacco in questione, lasciando intendere che il buon vecchio patron s’è dato la zappa sui piedi con le sue stesse affermazioni.
Per calmare la bufera è necessario l’intervento di Domenico Divella, componente del gruppo di Rutigliano: “Gira su Facebook da giorni una fake news diffamatoria, facciamo chiarezza. La pasta nel post appartiene alla linea Integrale che è a tutti gli effetti prodotta nella nostra azienda con semola di grano duro 100% italiano. L’articolo a destra si riferisce invece all’importazione dall’est, oggi martoriato dalla guerra, di grano tenero per la produzione di farine per panificazione e pasticceria essendo l’Italia per la maggior parte produttrice di grano duro”, scrive sui social. “Vi ricordo infine che la legge italiana proibisce la pastificazione con farina di grano tenero. Dispiace vedere gente anche vicina, in un momento così delicato per tutti in cui dovremmo fare rete, continuare ad attaccare una delle aziende storiche del sud Italia. Comunque, ognuno è libero di sprecare improduttivo il suo tempo prezioso”.