Chissà se Marinetti avrebbe immaginato che il suo Manifesto Futurista sarebbe stato preso ad esempio in qualsiasi ambito, perfino nelle arti bianche. E chi se lo immaginava che il pane avesse bisogno di un Manifesto rivoluzionario, firmato da scrittori, scienziati, chef e panettieri.
Tant’è, in occasione di Grani futuri, l’evento dedicato al pane in programma il prossimo 15 e 16 luglio tra San Marco in Lamis e Rignano Garganico (Foggia), ci ritroviamo un Manifesto in undici punti (tanti quanti erano quelli del primo Manifesto Futurista di Marinetti).
L’argomento è proprio quello di una rivoluzione culturale legata al pane, inteso come simbolo alimentare: è per questo che tra i firmatari non troviamo soltanto panettieri come Gabriele Bonci, ma anche scrittori (Pino Aprile), scienziati (Angelo Vescovi), imprenditori (Teo Musso), pasticcieri (Corrado Assenza).
“L’obiettivo primario – si legge all’inizio del Manifesto – è creare una cultura del pane in chiave sia gustativa che nutrizionale. Una scelta al servizio della sinergica relazione tra piacere e salute, da promuovere nel mondo agricolo, della panificazione italiana e dei consumatori”. Si parla poi di coltivazione, di utilizzo di sementi e varietà di grano (“la cui molteplice diversità è patrimonio peculiare e valoriale del territorio italiano”, che andrebbe preservata attraverso “il ricorso ai grani italiani autoctoni, meglio se da antica semente e quindi caratterizzati da un minore tenore glutinico”). Le tecniche di molitura, la tipologia delle farine (“Indispensabile il ricorso a farine con caratteristiche integrali o semintegrali”, si legge nel manifesto), impasto, lievitazione, cottura, conservazione e via dicendo. Il Manifesto esiste già dal 2017, anno della prima edizione di Grani Futuri: fu allora che ad Antonio Cera, Fornaio, e al dottor Gianpiero Di Tullio, venne in mente l’idea di mettere nero su bianco le regole per preservare la cultura del pane. Da allora, ogni anno, aderiscono sempre più nomi, rinnovando l’attenzione sull’argomento e sull’evento.
Nulla da dire sui punti del Manifesto, anche non siamo sicuri ci fosse bisogno di scomodare addirittura la rivoluzione futurista, soprattuto quando l’intento è – giustamente – quello di tornare alle origini.
[Fonte: Grani Futuri]