L’europarlamentare Gianna Gancia della Lega inizierà a giugno una raccolta firme per la petizione “Pane al Pane”: l’iniziativa era stata presentata al Parlamento europeo nel luglio dell’anno scorso e si propone di distinguere il pane tradizionale da quello con farina di grillo. Questa mossa è stata definita “battaglia di iniziativa popolare” da Gancia, intervistata al TGR, e trova consenso anche tra i panificatori. Perlomeno, quelli di Torino che hanno partecipato alla presentazione dell’eurodeputata.
Evidentemente, per i panettieri e per Gianna Gancia, non basta scrivere “con farina di grilli” accanto a “pane” (come già accade per “integrale”, “senza glutine”, “di farro”, “con uvetta” et cetera): no, il pane con farina di grilli deve chiamarsi in un altro modo, perché altrimenti confonde il consumatore e soprattutto lede la tradizione.
In nome del Pane, del Figlio e dello Spirito Santo
Non cambiare nome agli alimenti in evoluzione sembra che equivalga a pronunciare il nome di Dio invano in chiesa. Fino a poco tempo fa ci si accaniva sul mondo vegano. Le lasagne senza carne non possono chiamarsi così. Ora il problema è diventato un altro: distinguere meglio le categorie, chiamando “pane” solo quello con gli ingredienti usati prima del 1997 e chiamando in altro modo i pani moderni fatti con ingredienti “non convenzionali” come la farina di grilli.
Ecco il punto: “chiamiamo le cose con il loro nome. Il pane deve essere pane, la carne deve essere carne, il miele deve essere miele. Altri prodotti non possono essere chiamati come quelli tradizionali. Il nome è il biglietto da visita di ogni prodotto, la sua integrità va difesa. Il pane è molto più di un alimento, è un simbolo di identità, storia e tradizione che continua a unire le persone e a celebrare la cultura italiana“. Ma “difendere” da cosa, esattamente? Il pane tradizionale come lo definisce Gancia sarà affiancato da altre varianti. Stop. Celebrare la cultura italiana? Ah, ok, ora torna tutto: “prima gli italiani!”, dice da anni un collega della Gancia.
Istintivamente verrebbe da rispondere a Gianna Gancia che “il pane è pane, e il cibo è cibo”, ma c’è sicuramente chi avrebbe da ridire anche su questa cosa. Poco più di un anno fa (era il febbraio 2023) a Dissapore siamo stati i primi a proporre approfondimenti e persino una prova d’assaggio del pane prodotto con farina di grilli e non possiamo che constatare che in quattordici mesi le industrie si stanno muovendo, ma i politici italiani no. Parte di essi, sicuramente.
Come sottovalutare i consumatori
O come confonderli ancora di più. La petizione “Pane al Pane” non intende limitare l’innovazione nel settore della panificazione – lo mette ben in chiaro Gianna Gancia – ma intende “garantire che i consumatori siano informati sulla composizione dei prodotti che acquistano per sé e per le loro famiglie“. Come se il panificatore o l’industria non mettessero più etichette con gli ingredienti, e come se il consumatore non fosse più in grado di leggere.
E come se tutti i consumatori la pensassero allo stesso modo. Lei dice che “il futuro del pane è molto più di un alimento per noi: è un simbolo di identità, storia e tradizione che continua a unire le persone e a celebrare la cultura italiana“. Pensa un po’, sono in tanti a pensare che il pane possa essere considerato tale anche in una delle sue versioni future. Se ragionassimo così per ogni progresso, e come se fossimo tutti stupidi, allora anni fa avremmo dovuto fare una petizione per distinguere chiaramente le cellule dai cellulari.