Da quando si è diffusa la notizia che comprare il pandoro per Natale avrebbe potuto salvare dal fallimento Melegatti, e che i 156 lavoratori senza stipendio da agosto speravano nella solidarietà dei clienti, vecchi e nuovi, c’è stato un boom di ordini grazie al tam tam amplificato dai social network.
Anche se quei 70 lavoratori fissi più gli altri stagionali rischiano un Natale amaro, visto che per loro è stata chiesta la cassa integrazione.
[Sarà un Natale senza pandoro Melegatti, probabilmente]
L’azienda veronese che grazie all’intuizione di Domenico Melegatti, nel 1894 ha inventato il pandoro, oltre al nome e alla classica forma a tronco di cono con otto punte, è entrata in crisi di liquidità per un dissesto finanziario causato dagli investimenti per il nuovo stabilimento, destinato a produrre dolci per tutto l’anno e non stagionali come i pandori.
Una lunga storia interrotta bruscamente lo scorso ottobre con la chiusura degli stabilimenti.
Poi l’insperato rilancio grazie ai capitali del fondo maltese Abalone, 6 milioni di euro per avviare la campagna di dicembre nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto, con l’obiettivo di sfornare 1,75 milioni tra pandori e panettoni, e la promessa di altri 10 milioni per proseguire dopo Capodanno.
Ma Melegatti è ancora distante dal cambio di passo: negli ultimi giorni vendite e prenotazioni di dolci natalizi non sono mancati, come la speranza di vincere la sfida con i concorrenti sugli scaffali e nei carrelli dei clienti, ma il ritorno alla catena di produzione, avvenuto soltanto il 22 novembre, ha creato ritardi organizzativi per intercettare il boom di vendite natalizio.
Ce ne siamo accorti anche dalle segnalazioni degli stessi lettori di Dissapore, che vorrebbero essere vicini ai lavoratori dell’azienda veronese, ma lamentano il fatto che in molti supermercati i prodotti Melegatti non si trovano.
Un ritardo che rischia di portare i dolci prodotti in questi giorni sugli scaffali della grande distribuzione troppo sotto Natale, quando i clienti hanno fatto la loro scorta e i supermercati iniziano ad applicare gli sconti per smaltire il magazzino.
Nonostante i problemi organizzativi di Melegatti, la solidarietà sui social, sempre più tangibile, somiglia ormai a una mobilitazione.
Come del resto era avvenuto in passato per il torronificio Scaldaferro, ridotto in macerie dal tornado che ha colpito la Riviera del Brenta nel luglio 2015, e ripartito due mesi dopo per salvare la produzione natalizia, e per il pastificio Rummo, danneggiato dall’alluvione dell’ottobre 2015 a Benevento.
[Pastificio Rummo, l’acqua non li ha rammolliti]
Tutti uniti nelle difficoltà e nella speranza.
[Crediti | Vanity Fair]