Correva l’anno 1894 quando Domenico Melagatti, prendendo spunto da una ricetta natalizia tradizionale di Verona, inventava il “pandoro”, coniandone il nome, forse dovuto all’esclamazione di un garzone, e inventandone la tipica forma a tronco di cono con otto punte.
Da allora, il pandoro si è diffuso come valida alternativa al panettone, avviando l’eterna quanto irrisolvibile diatriba tra gli estimatori dell’uno o dell’altro nella corsa al titolo di dolce natalizio più buono.
Una contesa che rischia di terminare bruscamente per Melegatti, i cui stabilimenti veronesi hanno chiuso proprio in questi giorni. A causa di un dissesto finanziario, i dipendenti non percepiscono lo stipendio da agosto e, visti i mancati pagamenti, i fornitori hanno interrotto le consegne di materie prime.
Pandoro: prova d’assaggio
Con un fatturato di 70 milioni di euro nel 2016, e debiti per un totale di 40 milioni, la storica ditta ha dovuto alzare bandiera bianca. Un dissesto causato in particolare dagli investimenti per il nuovo stabilmento destinato a produrre dolci per tutto l’anno, e non stagionali come i pandori, in uno scenario di risanamento gestionale.
Inoltre, litigi e diversità di vedute tra le due famiglie proprietarie, Ronca e Turco, hanno peggiorato la situazione.
L’azienda, con sede in San Giovanni Lupatoto, che oltre ai 70 dipendenti conta 200 lavoratori stagionali per il periodo natalizio, ha investito 15 milioni nel nuovo stabilimento, presi a prestito dalle banche, per sganciarsi da una produzione troppo ancorata ai pandori, da cui ricava il 70% del fatturato.
Ma nonostante un impiego a pieno regime dei nuovi impianti e turni di lavoro di circa 63 ore settimanali da parte dei dipendenti, le cose non sono andate per il verso giusto, e le banche hanno cominciato a richiedere il rientro dei capitali, peggiorando una situazione già complessa.
Già dal 2005, racconta una dipendente, quando morì l’allora presidente Salvatore Ronca e le due famiglie si divisero tra chi intendenva cedere e chi voleva continuare l’attvità, le cose iniziarono ad andar male, anche se la vedova di Ronca, Emanuela Perazzoli, con la figlia Gigliola, riunì nella sue mani il 68% delle quote aziendali.
L’azienda a cui si deve la nascita del pandoro ha anche subito la concorrenza di un’altra grande impresa di dolci, Bauli, che adottò molto prima la strategia di diversificare i prodotti senza restare troppo legati ai dolci stagionali.
Melegatti – Valerio Scanu: comprereste questo pandoro?
Arrivando ai nostri giorni, le cose non sono migliorate, e l’azienda veneta, protagonista negli ultimi anni di campagne pubblicitarie controverse, come quella che ha avuto per testimonial il cantante Valerio Scanu, sarà costretta, se vuole sopravvivere, a vendere a un altro operatore del settore, come ad esempio Ferrero o imprese di dimensioni simili.
[Crediti: Il Post, Repubblica]