Prosegue il caso pandoro-gate di Chiara Ferragni. Il sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis, con apposito decreto, ha stabilito che, per quanto riguarda la competenza delle indagini, spetterà alla Procura di Milano andare avanti e non a quella di Cuneo. Così ecco che la Procura di Milano sta procedendo nelle indagini, iscrivendo nel registro degli indagati anche Fabio D’Amato, il manager dell’influencer.
Il caso pandoro-gate va avanti
In realtà il decreto del pg Mariella De Masellis è stato molto dettagliato nella descrizione della vicenda. Ricordiamo brevemente che tutto è partito dal pandoro Pink Christmas di Balocco, griffato Ferragni. Il pandoro in questione era stato messo in vendita a poco più di 9 euro, contro i 4 euro della versione base, con i consumatori indotti a pensare che parte di quel prezzo maggiorato sarebbe andato in donazione all’ospedale Regina Margherita di Torino.
Ma come già sottolineato all’epoca da Selvaggia Lucarelli, l’azienda di Cuneo (da qui la discussione se l’indagine dovesse essere affidata a Milano, dove hanno sede le società di Chiara Ferragni o a Cuneo, dove ha sede la Balocco) in realtà aveva già fatto una donazione “una tantum” da 50mila euro.
Secondo il pg della Cassazione, dopo analisi degli atti dell’Antritrust che ha proceduto a multare l’influencer e la Balocco e degli atti derivanti dall’inchiesta portata avanti dal procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, ci sarebbero anche elementi riferibili a una “unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso” delle presunte truffe che, a questo punto, non riguarderebbero più solo il caso del pandoro, ma anche quelli delle uova di Pasqua di Dolci Preziosi e della bambola Chiara Ferragni by Trudi.
La Procura, guidata da Marcello Viola, sta pertanto indagando su tutti questi fatti. Il pg ha spiegato che per quelle operazioni commerciali spacciate per iniziative benefiche e organizzate fra il 2019 e il 2022, bisogna considerare anche l’“unitarietà della spinta a delinquere”, l’“analogia del ‘modus operandi” e il “lasso temporale” fra gli i vari fatti.
Dalle parole del decreto si evince come in tutti e i tre i casi Chiara Ferragni avrebbe pubblicato sui social post, storie e video “fuorvianti” per in consumatori.
Dal suddetto decreto è anche emerso che è stato iscritto per truffa aggravata, per quanto riguarda il pandoro e le uova di Pasqua, anche Fabio D’Amato, il manager di Chiara Ferragni. Iscritte anche le società coinvolte nelle due vicende, per via della legge sulla responsabilità degli enti (invece a Cuneo era stati aperti fascicoli esplorativi anche per i casi Oreo e Soleterre).
Nel decreto il pg ha citato anche la Cassazione per specificare che “la sola menzogna è di per sé sufficiente ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa”. Inoltre l’“enfatizzazione” del fine benefico della campagna promozionale a sostegno del Pink Christmas, “amplificata dai mezzi di comunicazione”, ha indotto “in errore i consumatori” i quali hanno “ritenuto” di “contribuire alla finalità benefica”, finalità la “cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower”.
Il pg ha anche parlato delle email scambiate fra i team di Balocco e di Ferragni: secondo il pg queste email testimoniano come le due parti avessero “già approvato” il fatto che la donazione stabilita a 50mila euro sarebbe stata effettuata prima dell’inizio “della vendita del prodotto” e dunque “a prescindere dal volume delle vendite”.