Il gruppo Barilla sbarra le porte al decreto introdotto dal governo Renzi sull’etichettatura della pasta con l’indicazione dell’origine del grano.
Il decreto –inviato a Bruxelles dal governo italiano lo scorso 18 novembre— introduce l’obbligo di segnalare in etichetta, nelle confezioni di tutti i prodotti della filiera grano-pasta, l’origine della materia prima.
Un provvedimento promosso dal Ministero delle Politiche Agricole e da quello dello Sviluppo Economico che intende valorizzare al massimo le produzioni nazionali di grano, permettendo alle industrie italiane di approvvigionarsi presso le aziende di casa nostra.
Vero Made in Italy, dal campo fino al piatto, questo è il senso del decreto. Attraverso un modello di etichettatura che permette di indicare con chiarezza direttamente sulle confezioni di pasta il Paese o l’area dove è coltivato il grano e quello in cui è macinato.
A quanto pare, però, le buone intenzioni dei ministeri non sono state gradite da tutti.
Tra questi il gruppo Barilla, che attraverso il responsabile relazioni esterne del gruppo, Luca Virginio, esprime forti perplessità riguardo il buon esito della normativa.
Secondo Barilla indicare in etichetta solamente l’origine non è sinonimo di qualità. Inoltre, non incentiverebbe i coltivatori italiani a produrre grano con gli standard richiesti dai pastai, compromettendo anziché rafforzare la competitività dell’intera filiera.
“Tutto a svantaggio del consumatore”, precisa il responsabile Barilla, “che potrebbe addirittura pagare di più una pasta meno buona. E l’industria della pasta, con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato soprattutto all’estero.”
Fatto sta che proprio Coldiretti, la scorsa settimana, aveva chiamato in causa Barilla — per quanto concerne il marchio Voiello, di sua proprietà — vantandone la vendita di pasta fatta con grano 100% italiano di varietà “aureo”.
Ma, a quanto pare, si tratta di una scelta settoriale, fatta soltanto per il mercato di nicchia rappresentato da chi compra quel tipo di pasta.
Anche se Barilla, per sostenere l’agricoltura nazionale della filiera grano-pasta, ha stipulato un accordo triennale con gli agricoltori italiani produttori di grano duro che prevede l’acquisto di 900mila tonnellate di cereali nazionali, circa il 40% del totale del grano italiano utilizzato dall’azienda di Parma per produrre le proprie paste.
Come mai allora tanta avversità al decreto?
La rivista Test-Magazine ipotizza la volontà da parte della multinazionale emiliana di nascondere la quota di grano canadese impiegato.
[Crediti | Link: Corriere della Sera]