È segno della pace dopo il Diluvio Universale, di speranza, di giustizia e perfino dello stesso Spirito Santo e – dulcis in fundo – fa pure bene alla salute. Ci stiamo riferendo all’olio di oliva, che negli scorsi giorni è stato protagonista assoluto di un convegno della Pontificia Accademia delle Scienze che ha riunito filosofi, esperti e scienziati nel nome di Paolo Pasquali, imprenditore che ha creato nel Mugello il primo “olive oil resort” al mondo e che proponeva un’analisi organolettica del prodotto in questione pari per complessità e perizia a quella del vino.
Nelle Sacre Scritture l’ulivo e l’olio assumono un valore simbolico che spazia da foriero della pace – come vi abbiamo anticipato, in seguito al Diluvio Universale, quando Noè vide una colomba che nel becco portava una foglia d’ulivo – a vero e proprio epiteto di Gesù Cristo, in greco Christós, equivalente dell’ebraico Mashiah, Messia, ‘unto’ e consacrato con l’olio sacro. E ancora, come ha ricordato il cardinale Giovanni Battista Re, “nel Battesimo, nella Cresima, nella consacrazione dei sacerdoti, dei vescovi e delle chiese, e c’è l’unzione degli infermi”. Significati che, in maniera probabilmente non del tutto casuale, sono accompagnati passo passo dai benefici alla salute portati dal consumo. “Gli studiosi ci hanno spiegato che il 30 per cento della dieta mediterranea è rappresentato dall’olio e i suoi benefici nella prevenzione della malattie” ha commentato a tal proposito il vescovo argentino Marcelo Sánchez Sorondo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. “Il fine dell’incontro è avere un approccio scientifico sulla dieta mediterranea e in particolare su uno dei suoi elementi principali, se non il più importante”.
Monsignor Sorondo che, di fatto, condivide la sua preparazione filosofica e il pensiero entusiasta sull’olio con Paolo Pasquali. “Il convegno è anche un omaggio alla sua memoria, lo avevamo preparato insieme” ha aggiunto. “Parlare della coltivazione degli ulivi, e dell’olio, significa anche preoccuparsi della tutela del territorio e del paesaggio. Interrogarsi su come fare a sviluppare le coltivazioni e la produzione perché questa cosa meravigliosa possa arrivare e beneficiare tutti, e quindi non sia un prodotto raro, di nicchia. Non sarebbe giusto. È buono, molto. Fa bene. Perché dovrebbero beneficiarne solo i ricchi?”.