In Italia appena un terzo di tutto l’olio alimentare esausto viene raccolto con l’intesa di essere riciclato – giusto 80 mila tonnellate l’anno su 240 mila complessive. È quanto emerso dal più recente dossier redatto dal web magazine EconomiaCircolare.com e dall’app Junker, intitolato “Scusa, mi ricicli l’olio?”; dal quale per l’appunto emerge che questa pessima performance è in primis legata dalla carenza di punti di raccolta – circa 1500 in tutto il Paese, ossia uno ogni 39 mila abitanti.
Questo significa che, in media, ogni anno si perdono circa 16 milioni di euro per il mancato riciclo: attualmente lo Stivale utilizza circa 200 mila tonnellate l’anno di oli esausti, la cui maggior parte sono di fatto importati, per produrre soprattutto biocarburanti – un settore produttivo che, considerando il contesto storico ed economico, pare essere destinato a crescere esponenzialmente negli anni a venire. Occorre considerare, infine, il danno prettamente ambientale: ogni goccia fatta sparire nello scarico è un danno per l’ecosistema, con un singolo chilogrammo di olio vegetale esausto che di fatto è in grado di inquinare mille metri quadri di acqua – per non parlare dei danni alla rete fognaria o ai sistemi di depurazione.
“Tutto l’olio raccolto viene recuperato e riutilizzato: non se ne perde una goccia” ha spiegato il presidente di RenOils, Ennio Fanno, intervistato da Economiacircolare.com. “Opportunamente trattato, questo rifiuto speciale può tornare a nuova vita sotto diverse forme: biodiesel, soprattutto, ma anche bio-lubrificanti per macchine agricole o nautiche, saponi, prodotti cosmetici e inchiostri: se gli oli venissero raccolti da tutte le famiglie e tutti i ristoranti, in Italia potremmo raccogliere tra le 230 e le 240mila tonnellate annue”.