Olanda, l’ultimatum del governo agli allevamenti inquinanti: innovazione o acquisizione forzata

In Olanda si fa sul serio: il governo ha individuato i tremila allevamenti più inquinanti e offerto un ultimatum - innovare o chiudere.

Olanda, l’ultimatum del governo agli allevamenti inquinanti: innovazione o acquisizione forzata

La situazione è dolorosamente semplice – o l’innovazione passa da parolone pieno di aria a concreta realtà, oppure si “chiude” la baracca. Ci stiamo riferendo a quanto sta capitando in Olanda, dove di fatto le autorità governative hanno bollato fino a tremila aziende agricole e allevamenti intensivi come “altamente inquinanti” e intavolato un ultimatum nel tentativo di ridurre le emissioni di ammoniaca e ossido di azoto che, nel contesto locale, rappresentano il principale problema ambientale (ricordate il pasticcio con gli Oreo?). La soluzione in realtà è tanto severa quanto stravagante: agli agricoltori verrà offerto, in termini economici, più del 100% del valore delle loro rispettive attività per spingerli ad abbandonarle; oppure una serie di scelte che spaziano dall’innovazione al trasferimento.

Essere pagati per chiudere

mucche allevamento

I nostri lettori più attenti ricorderanno che non è la prima volta che vi parliamo di questa trovata delle autorità olandesi (e non ci stupisce: il concetto di farsi pagare per chiudere è decisamente particolare). Stando a quanto dichiarato dallo stesso ministero dell’Agricoltura olandese, agli agricoltori “incriminati” verrà offerta l’opportunità di seguire un percorso di innovazione per ridurre drasticamente le emissioni, passare direttamente a un nuovo tipo di attività, trasferire quest’ultima o semplicemente chiudere la cosiddetta baracca. Il governo, in questo senso, ha assunto un atteggiamento assolutamente inflessibile: se tali “misure volontarie” dovessero fallire, nel corso del 2023 seguiranno le acquisizioni forzate.

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“Per gli imprenditori agricoli, ci sarà uno schema di arresto che sarà il più allettante possibile” ha commentato a tal proposito Christianne van der Wal del partito VVD. “Per i principali inquinatori del Paese troveremo un approccio su misura, ma saremo severi nel concedere permessi. Avranno un anno di tempo per raggiungere i rispettivi obiettivi”.

Insomma, si fa sul serio. Si tratta della prima volta nella storia che il governo olandese si è sbilanciato in una maniera simile, annunciando quello che a tutti gli effetti possiamo definire come un programma di acquisizione forzata; ma allo stesso tempo la misura è stata descritta dalle stesse autorità locali come “l’ultima possibilità” per innovare un settore agricolo che emette circa il 45% delle emissioni di gas serra.

“Sono molto fiducioso” ha commentato Tjeerd de Groot, portavoce del partito D66 per l’agricoltura, che ritiene che il Paese debba ridurre del 50% il numero di maiali e polli e far pascolare le mucche sull’erba anziché nelle strutture di allevamento intensivo. “Una parte relativamente piccola dell’economia sta bloccando il resto della società: qualcosa deve cambiare, perché abbiamo le spalle al muro“.

L’Olanda non è l’unico Paese ad aver intrapreso una battaglia contro gli allevamenti intensivi e le emissioni che vengono prodotte in attività del genere: pensiamo al referendum (fallimentare) di qualche mese fa in Svizzera, o alla più recente “tassa sui rutti” in Nuova Zelanda.