Anche nella civilissima Olanda, patria dello stato sociale, i braccianti agricoli sono preda del caporalato e dello sfruttamento: soprattutto se stranieri e stagionali. Nella regione del Limburgo, zona a sud dei Paesi Bassi, è stata scoperta una fattoria che teneva a lavorare oltre 50 cittadini rumeni: questi non solo erano senza un regolare contratto e quindi in nero, ma vivevano in una vera e propria baraccopoli, priva dei minimi requisiti igienici e sanitari. “Condizioni spaventose e disumane”, le ha definite il sindaco di Linne, la cittadina dove si trova l’azienda agricola.
Un episodio che non è un episodio: l’Open Society European Policy Institute nel 2020 ha effettuato uno studio dal significativo titolo “I lavoratori dell’agroalimentare sono sfruttati solo nell’Europa meridionale?“. E la risposta, attraverso un viaggio in Olanda, Germania e Svezia, sembra essere negativa. Il sistema olandese, sia dal punto di vista legislativo che dei controlli, sembra in crisi, e a farne le spese sono proprio i più deboli, i migranti stagionali, che sono un numero non esiguo, intorno ai 180.000 all’anno. La legge dei Paesi Bassi consente assunzioni tramite agenzie interinali, le quali pagano salari minimi sotto i 10 euro l’ora, molto inferiori rispetto al minimo legale. Anche quando ci sono, le norme di legge spesso non vengono rispettate, in particolare relativamente agli orari di lavoro e ai permessi familiari e per malattia. E qui viene in rilievo il secondo punto: i controlli lacunosi e soprattutto lenti, cosa che quando si tratta di tutelare persone che dopo qualche mese già non si trovano più nel luogo di lavoro e nel territorio olandese, è particolarmente grave. Sempre più necessario un sistema di controlli e sanzioni a livello europeo, cosa di cui si sta discutendo per inserirlo nella prossima PAC 2023-2027.
[Fonte: Agrifoodtoday]