Già da qualche mese di parla delle preoccupazioni nel settore della birra artigianale per quanto riguarda la carenza di anidride carbonica, con anche la Menabrea costretta tempo fa a sospendere temporaneamente la produzione a causa della mancanza di CO2. Ebbene, anche in Nuova Zelanda pare che abbiano un problema similare: qui i birrifici hanno lanciato un allarme relativo al razionamento dell’anidride carbonica che mette a rischio le loro attività.
Nuova Zelanda e il problema dell’anidride carbonica per i birrifici
Il problema in Nuova Zelanda nasce dal fatto che l’unico impianto di produzione di CO2 alimentare del Paese è stato costretto a chiudere. Per questo motivo, le poche forniture neozelandesi di anidride carbonica devono essere razionate.
Se ricordate, l’anidride carbonica viene utilizzata per produrre la birra, le bevande frizzanti, negli imballaggi e anche negli ospedali. Ebbene, adesso il produttore di gas industriale BOC ha spiegato in una email che, a causa della mancanza nel paese di anidride carbonica, sono stati costretti a mettere in atto un razionamento, dando la precedenza a servizi critici come ospedali, acqua e settore della sicurezza.
BOC ha poi aggiunto che stanno lavorando in sinergia con fornitori, clienti e altre parti interessate del settore per capire come gestire l’attuale problema di approvvigionamento di CO2 della Nuova Zelanda.
Essendoci così poca anidride carbonica, è ovvio che il suo utilizzo viene dato prioritariamente agli ospedali e alle aziende di produzione dell’acqua. Solo che i produttori di birra sono in ansia a causa di questo razionamento.
Ma perché la Todd Energy, società che gestisce l’unico impianto di produzione di CO2 alimentare della Nuova Zelanda, ha dovuto chiudere i battenti? Beh, pare che ci siano delle indagini in corso in merito a problemi di sicurezza dell’impianto. Mark Macfarlane, amministratore delegato di Todd Energy, ha sottolineato che la sicurezza dell’impianto è la loro priorità. Sfortunatamente, però, questo vuol dire che l’impianto è stato chiuso temporaneamente mentre cercano di risolvere il disguido.
La situazione delle forniture di CO2 ultimamente non era rosea: nell’aprile 2022 era stato chiuso l’altro grande impianto di produzione. Per questo motivo si era cercato di vicariare al problema aumentando le importazioni che, effettivamente, rispetto all’anno scorso sono triplicate.
Ma questo non basta e alcuni piccoli produttori di birra, avendo delle scorte limitate di CO2, già da tempo si aspettavano di dover interrompere la produzione se i problemi di fornitura non fossero stati risolti. Solo che adesso, con la chiusura dell’unico stabilimento di produzione di CO2, la situazione si fa ancora più critica.
Steve Kermode, amministratore delegato della Steam Brewing, società di produzione di birra artigianale, ha affermato di dover affrontare costi sempre più elevati per poter importare la CO2 necessaria. Ma non potendo trasferire tali costi sui clienti, a volte si è trovato costretto a interrompere la produzione di birra. Certo, ha provato a investire in nuove tecnologie per poter riutilizzare l’anidride carbonica prodotta durante il processo di fermentazione, ma questo servirà a coprire solamente il 25% del fabbisogno normale dell’azienda.