Non ne posso più della “gourmettizzazione” d’ogni cibo popolare. Anche perché spesso la declinazione “con prodotti d’ECCELLENZA (sic!)” dei cibi pop è solo una scusa per chiederti tre volte il prezzo normale.
L’altro giorno, per dire, ero in uno stabilimento balneare e dico “salve, vorrei un ghiacciolo all’arancia”. Quello mi dice “abbiamo quelli artigianali fatti di vera frutta, sono praticamente dei sorbetti congelati”. “No, no – dico io – mi basta un ghiacciolo normale.” Quello, con fare infastidito, mi rimprovera “non la teniamo, quella roba lì”.
Oh santa madre, ci manca il barista che mi fa la morale: voglio un ghiacciolo all’arancia, cacchio, non un frullato di lamponi impacchettato in confezione chic dal prezzo, peraltro, di euro tre.
[XXX: quando il ghiacciolo fai da te è consigliato a un pubblico adulto]
Io amo i ghiaccioli.
Quelli fatti di acqua e sciroppo zeppo di glucosio e coloranti. Quello all’arancia è arancionissimo, quello al limone giallissimo, quello all’anice bluissimo. L’unico bianco è quello all’orzata e quanti ne mangiai da bambino, io che odio l’orzata, scambiandoli per gusto limone.
Il ghiacciolo è una pausa fresca in una giornata di calura e mi piace proprio quello lì, nella bustina di plastica (un tempo era di carta: ora in quella di carta ci mettono i sorbetti in stick perché fa retrò), che nemmeno sai di che marca sia, che costa un euro (e già è troppo: 50 centesimi basterebbero).
[Dove vanno i ghiaccioli quando muoiono]
Quando ho voglia di un sorbetto, chiedo un sorbetto. Quando voglio frutta fresca, chiedo frutta fresca. Quando ho voglia di un ghiacciolo – e al mare mi capita tutti i giorni – voglio un ghiacciolo.
Dobbiamo difenderli dall’estinzione, perbacco. Fondiamo la Lega per la Difesa del Ghiacciolo.
Astenersi gourmet.