Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Journal of Hazardous Materials ha posto l’accento (ancora una volta: che non si tratta certo della prima volta e, con ogni probabilità, non si tratterà nemmeno dell’ultima) sui livelli di contaminazione della fauna marina, sottolineando “alti e preoccupanti livelli” di fibra di vetro all’interno di ostriche e cozze.
Altro che perle, insomma. Il gruppo di ricerca, facente parte delle università di Portsmouth e Brighton nel Regno Unito hanno preso in esame alcuni campioni raccolti dal porto di Chichester, incastonato nella costa meridionale dell’Inghilterra; e interpretato il fenomeno come dovuto alla loro particolare tecnica di alimentazione “a filtro“.
Quali sono gli effetti della fibra di vetro nelle ostriche? E per gli umani?
I numeri parlano chiaro – i ricercatori hanno riscontrato 1.220 particelle di vetro per chilogrammo nelle ostriche e 2.740 particelle per chilogrammo nelle cozze, di fatto -, e possono essere utili come “termometro” per valutare l’effettivo livello di inquinamento delle acque. La fibra di vetro è infatti un tipo di materiale plastico reso più resistenze grazie a un ulteriore intreccio di fibre di vetro, che a oggi viene comunemente utilizzato in una vastissima gamma di prodotti – dalle protesi fino alle barche.
I rischi sanitari non sono da sottovalutare: la fibra di vetro è nota per essere in grado di causare irritazioni alla pelle, agli occhi e al tratto respiratorio superiore negli esseri umani; mentre, se divisa in microparticelle e inspirata, è in grado di causare una serie di disturbi polmonari e un aumento del rischio di alcuni tumori. Un po’ come l’amianto, seppur con le dovute proporzioni.
Per quanto invece concerne ostriche e cozze, la lettura degli scienziati è che tale contaminazione potrebbe influenzare la loro capacità di digerire il cibo, favorendo infiammazioni anche gravi e riducendo la salute riproduttiva.
Sono più che eloquenti, per farci un’idea, le parole di Corina Ciocan, autrice principale dello studio e docente principale di biologia marina presso l’Università di Brighton nel Regno Unito: “Agiscono come schegge” ha spiegato, riferendosi per l’appunto alle fibre di vetro. “Entrano nella carne molle, l’organismo non è in grado di espellerli e iniziano un processo di infiammazione che potenzialmente porta ad altre patologie e persino alla morte”.