Non solo McDonald’s: il caso Diageo conferma che il mondo sta cambiando

Dopo il Big Mac tocca agli alcolici. Per la prima volta anche Diageo è in perdita: fra i motivi inflazione e nuove abitudini di consumo.

Non solo McDonald’s: il caso Diageo conferma che il mondo sta cambiando

Non si tratta soltanto di Big Macs. A tracciare per la prima volta dopo la pandemia un bel segno rosso ai ricavi globali c’è anche Diageo, colosso britannico degli alcolici. Fatti i conti alla fine di giugno 2024, l’azienda perde in totale l’1,4%, una performance negativa che a livello globale è trainata dalla zona Caraibi-America Latina. Ma non serve cercare un colpevole: il punto è l’inflazione, ma anche le abitudini che cambiano e i mercati costretti a reinventarsi ogni volta.

Diageo in perdita

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Con molta probabilità tutti noi abbiamo bevuto Diageo almeno una volta nella vita senza saperlo. Fra gli altri, la multinazionale britannica possiede Johnnie Walker (whisky), Guinness (birra), Smirnoff (vodka). Con un ricavo totale, a giugno 2024, di ben 20,3 miliardi di dollari. L’1,4% di perdita paiono bruscolini, ma provate a prendere la calcolatrice e poi ne riparliamo.

I brand più colpiti sono Johnnie Walker, che perde il 2% a livello globale e il 10% in Nord America; e Casamigos, aka la tequila di George Clooney acquistata nel 2017 per 700 milioni di dollari. Una performance di vendita che cala del 22% negli Stati Uniti, segnalando un ambiente di consumo sempre più “sfidante”.

Challenging è l’aggettivo usato dalla CEO Debra Crew, apparsa in un video postato sul sito web Diageo martedì scorso. Crew indica la cautela dei consumatori, le cui spese sono guidate dai tassi d’inflazione, come causa scatenante della perdita. Ma cerca comunque l’ottimismo, affermando che l’alcol rimane “un settore attrattivo con una lunga strada per la crescita”.

Settori in crisi?

brindisi

Pochi giorni fa parlavamo del caso McDonald’s, ma non solo. Quest’anno anche Burger King, Starbucks e Wendy’s hanno riportato perdite considerevoli. La gente, semplicemente, risparmia sui servizi extra, anche quelli considerati a buon mercato. In questo quadro, di certo nel paniere domestico la bottiglia di whisky non è un bene indispensabile.

Il problema degli alcolici è che il periodo d’oro è appena finito. La pandemia era stata un ottimo affare: a casa si beveva di più (ve li ricordate gli aperitivi zoom?) e il mercato di birra, vino e superalcolici ha segnato una freccia in perenne crescita. Ora che finalmente siamo fuori dalla zona rossa, più poveri e con sincera preoccupazione per la salute, beh la festa è finita.

Le persone bevono meno, e spesso scelgono no e low alcol. Tanto che, per dirne una, è di un mese fa la notizia che il gigante francese del beverage Pernord Ricard ha venduto la maggior parte delle sue wine labels, preferendo concentrarsi solo su champagne e distillati premium. Diageo per ora non si allarma: del resto il suo portfolio è talmente vasto che mercati e possibilità non mancano mai. Però ci conferma che il mondo sta cambiando, e con esso i suoi consumi (che poi saremmo noi).