Non riesci a smettere di mangiare cibo spazzatura? È tutta colpa della Morte Nera

Secondo un recente studio se non riuscite a smettere di mangiare cibo spazzatura è tutta colpa della Morte Nera. No, non della stazione da battaglia spaziale di Guerre Stellari, bensì della peste nera

Non riesci a smettere di mangiare cibo spazzatura? È tutta colpa della Morte Nera

E se qualcuno un bel giorno vi dicesse che la colpa del fatto che non riuscite a smettere di mangiare cibo spazzatura è della Morte Nera? No, aspettate un attimo, che avete capito? Mica è colpa di Palpatine, non andate a giustificarvi in giro per quel pacchetto di patatine mangiato a mezzanotte o quel barattolo di caramelle svuotato in mezza giornata dicendo che “È stato l’Imperatore, lui mi ha obbligato a farlo”. La Morte Nera in questione, infatti, è la peste nera, non la stazione spaziale da battaglia di Star Wars. Che l’Imperatore ha un sacco di cose da farsi perdonare, ma non quella di averci indotto a mangiare il junk food.

Cosa c’entra la peste nera con il cibo spazzatura?

junk food

Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista Nature Microbiology. I ricercatori hanno spiegato che, a causa dell’epidemia di peste nera che nel 1300 spazzò via il 60% della popolazione europea (seconda pandemia di peste, per intenderci. Breve digressione: la prima è quella della peste di Giustiniano fra il 541 e il 542; la seconda è quella che ci interessa, nota come peste nera e che in realtà iniziò intorno al 1300 e rotti, ma che, con diverse ondate, andò avanti fino al 1700, comprendendo la Grande peste di Londra del 1665-1666 e quella di Marsiglia del 1720; la terza è quella dell’Indocina iniziata nel 1855. Fine digressione), cambiarono le abitudini in merito alla dieta e all’igiene personale delle persone, cosa che avrebbe indotto le persone, circa 700 anni dopo, ad amare così tanto il cibo spazzatura.

I ricercatori sono partiti esaminando la placca dei denti (ormai calcificata) di scheletri sepolti in Inghilterra e in Scozia dal 2200 a.C. al 1835 d.C. Hanno così evidenziato come nei denti di questi defunti fossero presenti ben 954 specie di batteri diversi, molti dei quali appartenenti al genere Streptococcus. Si tratta in effetti di batteri comuni anche nelle nostre bocche.

Inoltre nelle bocche dei suddetti scheletri è stato scoperto anche un agente patogeno afferente al genere Methanobrevibacter, inesistente nelle persone sane. Il fatto è che il microbioma è collegato a diverse malattie croniche. Per esempio, il microbioma moderno è influenzato e collegato all’obesità, alle malattie cardiovascolari e alla salute mentale. Quindi scoprire e studiare le origini di questo microbioma indica anche le malattie di cui soffrivano queste popolazioni.

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Per esempio, i batteri trovati nella placca di questi scheletri erano collegati a diete povere di fibra e ricche di carboidrati. Vi ricorda nulla, per caso? Già, proprio così: in generale il junk food è ricco di carboidrati (e grassi) e povero di fibra.

Sembra che la peste nera abbia dunque favorito la crescita di tali batteri, collegati fra l’altro a patologie cardiache, cerebrali e immunitarie. La professoressa Laura Weyrich, autrice dello studio, ha poi fatto notare come le persone sopravvissute a questa seconda epidemia di peste nera nel Medioevo fossero, solitamente, quelle più ricche, con redditi maggiormente alti. Queste persone erano anche quelle che potevano permettersi cibi con più calorie, concedendosi di mangiare cibi più ricchi di grassi e zuccheri non accessibili alle fasce più povere della popolazione.

Secondo la professoressa, la peste nera ha innescato dei cambiamenti nella dieta delle persone sopravvissute, cosa che ha a sua volta influenzato la composizione del microbioma orale. Il che giustificherebbe il fatto che ancora adesso amiamo così tanto il junk food. La professoressa ha poi sottolineato come questa sia la prima volta che qualcuno ha dimostrato come il microbioma del nostro corpo sia stato influenzato da fattori come le pandemie passate. Chissà in che modo, allora, la pandemia da Covid-19 ha influenzato il nostro microbioma futuro?