Non mangiamo più conigli (eppure ci piacevano così tanto)

Il mercato cunicolo se la vede brutta, con un calo notevole dei consumi negli ultimi dieci anni.

Non mangiamo più conigli (eppure ci piacevano così tanto)

Sulla tavola da pranzo di mia nonna il coniglio era un piatto domenicale, un po’ come l’agnello a Pasqua. Povera nonna, non ho mai toccato né l’uno, né l’altro – e i dati ci dicono che sul treno del rifiuto per questa carne si è aggiunta parecchia gente negli ultimi dieci anni. Leggiamo di un calo del 35% in due lustri e dell’8,7% dal 2024 al 2023, con sole due famiglie su dieci che la acquistano. Non è azzardato ipotizzare che il disinteresse abbia molto a che vedere con la tipologia di animale, che in molte case, anziché essere mangiato, viene nutrito e coccolato.

Un’occhiata al mercato cunicolo

coniglio allevamento

Non ci stupisce vedere la linea del grafico del consumo cunicolo scivolare rovinosamente verso il basso. Il coniglio, gastronomicamente parlando, non attira più l’interesse di una volta, quando era un ingrediente particolarmente apprezzato. Sarà che in generale mangiamo sempre meno carne (di qualsiasi tipo), sarà che molte persone i conigli li tengono in casa per accudirli e non per mangiarli*, fatto sta che questo prodotto rappresenta solo l’1% del totale carni ed è oggetto di una tendenza abbastanza negativa. Chi acquista ancora carne cunicola, leggiamo, sono i “consumatori maturi”: i più giovani, insomma, ne fanno volentieri a meno.

* Nel 2015 era anche stato presentato un disegno di legge che proponeva il “riconoscimento dei conigli domestici quali animali d’affezione” e il conseguente “divieto di vendita, consumo delle carni e utilizzazione delle pelli e pellicce”.

“Ho mangiato troppa carne”, di Lorenzo Biagiarelli: un lucido manifesto alla Harari “Ho mangiato troppa carne”, di Lorenzo Biagiarelli: un lucido manifesto alla Harari

Abbiamo anche altri dati in mano riguardo questo mercato, il primo dei quali sembra essere in controtendenza rispetto a quanto abbiamo già detto. Se è vero, infatti, che il trend generico è in discesa, si nota comunque un certo aumento dei prezzi, in particolare all’ingrosso, dove le quotazioni di inizio ottobre hanno segnano un +9% rispetto all’anno scorso. Il secondo dato guarda invece all’import. Pur rimanendo una filiera principalmente autosufficiente, con allevamenti in gran parte a conduzione familiare (61%), si registra un incremento delle importazioni pari al 41% in volume; più che raddoppiati gli acquisti dalla Francia.

Un quadro non proprio idilliaco per il mercato cunicolo, che sembra continuare a scendere. Ormai si è arresa persino mia nonna (e forse convertirò anche lei allo spezzatino di soia).