E’ possibile che su una confezione di nocciole coltivate, raccolte e vendute in Olanda, venga messa l’etichetta: «nocciole delle Langhe»? E anche, per non farsi mancare niente: «Tonda romana» o «Nocciola di Giffoni»? Che poi sarebbero le più pregiate varietà italiane?
Okay, non ci stupiamo più di nulla, spesso le situazioni più immaginifiche diventano realtà, ma basta un po’ di buonsenso per rispondere no alla domanda appena posta. Non ci risultano colpi di mano olandesi con conseguente annessione dei terreni langaroli tra Cuneo, Asti e Alessandria.
Eppure gli olandesi “ci hanno rubato le nocciole” e, incredibile a dirsi, finora nessuno aveva protestato.
Ma come si è arrivati a un simile paradosso?
C’entra la Turchia, che è primo produttore mondiale di nocciole, drasticamente ridimensionato negli ultimi tempi a causa di gelate inaspettate, con inevitabile aumento dei prezzi.
Esempio: la nocciola delle Langhe, la Tonda romana o quella di Giffoni che costavano all’incirca 250 euro al quintale sono schizzate a 350/400 euro. Detto che le nocciole impiegano almeno sei anni per andare a frutto, un business che fa gola, è chiaro.
E cos’hanno fatto gli olandesi? Hanno iscritto nel proprio registro nazionale tre varietà di nocciole con i toponimi italiani, guarda caso proprio Tonda gentile delle Langhe, Tonda romana e Tonda di Giffoni.
Cosa che finalmente ha attirato l’attenzione di alcuni europarlamentari italiani che hanno presentato un’interrogazione sulla la palese violazione dei regolamenti europei: non è possibile commercializzare una pianta con lo stesso nome geografico di un altro Stato.
Ovvero l’Italia, che vanta il 12% della produzione internazionale, una quota di mercato messa in discussione dallo stravagante comportamento olandese.
[Crediti | Link: TargatoCN]