Il mondo della critica gastronomica percorso da un brivido. Cosa sta succedendo?
Niko Romito, chef e imprenditore dalla reputazione immacolata, nel senso di mai macchiata prima da una stroncatura e anzi, titolare di consensi bulgari (ops!) per l’alto livello di tutte le cose che fa –dal ristorante Reale a Castel di Sangro, in Abruzzo, tre stelle Michelin, ai diversi format di ristorazione, dalla formazione per aspiranti chef fino ai prodotti per il consumo domestico– è appena stato bocciato non una, ma ben due volte, a Milano.
– Prima bocciatura per Bomba, format dedicato al cibo di strada italiano, aperto a giugno scorso in Piazza XXV Aprile insieme a Autogrill (e bocciatura anche per Spazio, altro format di Romito).
– Altra (parziale) bocciatura per Bulgari, ristorante dell’omonimo e lussuoso hotel in via Fratelli Gabba –tra via Manzoni e Brera– affidato dalla maison italiana del gruppo LVMH allo chef abruzzese dal settembre scorso.
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Protagonista delle stroncature sempre lui, l’indomito Valerio Visintin.
Per il critico mascherato del Corriere della Sera, Bomba è un “localetto gestito con insolita superficialità, mentre Spazio “m’è parso un veliero in lenta deriva: arredo usurato, cucina in ripiegamento, prezzi in lenta ma costante progressione”.
Visintin, prima di passare al Bulgari, s’interroga sulle cause di un risultato tanto sotto le aspettative: “Non so se se sia soltanto una catena di coincidenze sfortunate. O se la smania espansionistica dell’imprenditore Romito abbia preso il sopravvento sullo chef, come mr Hyde sul dottor Jekyll”.
E passiamo ora alle dolenti note in arrivo dal Bulgari.
Tanto per cominciare, il fatto che lo chef non sia presente gli vale l’appellativo di “Romito, regista in remoto”.
Va proprio male alla prima portata del menu, l’antipasto all’italiana: “otto bocconi erranti, senza una meta apparente” se si esclude la ricciola marinata alla pizzaiola. Il ragù è “blandissimo e inspiegabile”, mentre la “disarmante” bruschetta non è altro che “pane fradicio con frammenti di pomodoro”.
Perfino il pane, uno dei punti di forza della produzione di Romito, è “soltanto buonino”. Va meglio ai grissini.
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Se le seduzioni ambientali del ristorante risultano “soavi”, è impossibile per Visintin non notare le “amnesie del servizio: un tourbillon di camerieri e maître sorridenti e svagati come turisti, che diluiscono allo sfinimento i tempi del servizio”.
La descrizione delle peripezie di Visintin per raggiungere il bagno è esilarate, merita di essere letta nella sua interezza:
“Per raggiungere il bagno, anche soltanto per lavarvi le mani, prendetevi del tempo. Salutate i vostri commensali, con baci e vigorosi abbracci, come chi parte per la guerra. Attraverserete la sala. Raggiungerete un vestibolo, in fondo al quale attenderete un ascensore che vi condurrà nelle viscere del palazzo. Un attimo di smarrimento all’apertura delle porte, prima di individuare una rampetta di scalini occultati dietro a una ringhiera. Issatisi fin lì, vi apparirà nel buio un infinito corridoio kubrickiano, deserto e cupo, nel quale risuoneranno i molti passi che dovrete mettere in fila sino alla meta (suggerisco scarpe gommate, per limitare l’eco). Al vostro ritorno, ore dopo, pregate che gli amici non vi abbiano lasciato il conto da pagare”.
Alle critiche questa volta dell’Associazione Italiana Sommelier sulla carta dei vini “piuttosto scontata, che privilegia il nome della cantina rispetto alla denominazione del vino, spesso neppure indicata, e con ricarichi da gioielliere” viene da chiedersi una cosa. c
Come può essere che tra Visintin e gli esperti o presunti tali che, dopo essersi accomodati ai tavoli del Bulgari di Milano, ne hanno tessuto le lodi, ci sia tanta discrepanza di giudizio?
[Crediti | Mangiare a Milano]