Trattori sì, trattori no, se famo du spaghi. Uno dei tanti punti di dibattito di questo Festival di Sanremo 2024, tra balli del qua qua scarpe occulte italiani veri è stato fin da subito la possibilità di portare sul palco dell’Ariston la protesta dei trattori.
Amadeus aveva in realtà accolto da subito il loro auto-invito a parlare al pubblico generalista più ampio della televisione italiana: “La protesta è giusta e sacrosanta”, aveva detto, spiegando che volentieri l’avrebbe ospitata tra un cantante e l’altro. Certo però la questione era parsa spinosa fin da subito: il tema delle proteste degli agricoltori, in queste settimane, sta facendo tremare il Ministro Lollobrigida, super fedelissimo del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Come a dire: se Lollobrigida trema, tutto il governo trema. Quindi su quel palco era chiaro che la questione di una protesta così sentita doveva essere trattata con garbo.
Il comunicato stampa
Così è stato in effetti. A Sanremo città i trattori sono arrivati anche, e si sono parcheggiati non lontano dal teatro. Ma nessun trattore – nemmeno metaforicamente, nel senso di un rappresentante fisico della protesta agricola – è salito sul palco dell’Ariston, ma è stato lo stesso Amadeus a farsi portavoce delle loro rimostranze. Lo ha fatto a mezzanotte passata, c’è da dire, quando il pubblico era già in gran parte anestetizzato da ore e ore di musica.
“Chiediamo una legge chiara che garantisca la giusta distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare, con reciproci benefici per i produttori agricoli e per i consumatori”, ha esordito Amadeus. ” I prezzi pagati agli agricoltori sono fermi da trent’anni, tanto che ai consumatori alcuni prodotti arrivano a costare fino a dieci volte di più. Siamo l’unica categoria a non poterci basare sui costi di produzione a non poter applicare i costi, subendo tutti gli svantaggi del mercato e delle possibili intemperie della stagione, pur avendo costi alti e certi legati alla semina e alla produzione.
Noi agricoltori non siamo in piazza per chiedere aiuti o sussidi, ma solo per assicurarci che ci venga corrisposta la giusta remunerazione per il duro e insostituibile lavoro che svolgiamo quotidianamente, grazie al quale ogni cittadino può mangiare ogni giorno.
Questo purtroppo non avviene da tempo, tanto che oggi la maggior parte dei frutti del nostro lavoro è ampiamente sottopagato, con ricavi che sono abbondantemente inferiori ai costi di produzione. Protestiamo quindi per difendere la dignità di tutti gli agricoltori e per chiedere con forza che venga corrisposto il giusto valore alle nostre produzioni.
Senza agricoltura non c’è vita, non c’è sovranità alimentare, non c’è libertà; chiediamo solo la possibilità di continuare a onorare gli insegnamenti dei nostri genitori e dei nostri nonni, che con rispetto, amore e dignità ci hanno portato a coltivare il valore della terra e di ciò che rappresenta, con il solo e unico obiettivo di lasciare un mondo migliore ai nostri figli”.
Tutto molto condivisibile, in effetti, soprattutto nella parte iniziale, quella del dar valore alla filiera agroalimentare. Se non fosse che però tra i nodi da sciogliere ci sono anche i temi della tutela ambientale, e lì si tratta di questioni più spinose.
Nel frattempo, visto che il Festival di Sanremo negli ultimi anni ha avuto il merito di sapersi aprire ai più giovani, ci aspettiamo che il prossimo anno all’Ariston vengano accolti i Fridays for Future, giusto per dirne una. Chissà.