Nestlé tenta di realizzare un mangime con i gusci delle nocciole

Nestlé è partner di un progetto che coinvolge cinque atenei italiani: l'obiettivo è quello di impiegare gli scarti della lavorazione della nocciola come mangimi.

Nestlé tenta di realizzare un mangime con i gusci delle nocciole

Trovare un modo per riutilizzare i prodotti degli scarti agroindustriali, tamponando lo spreco e allo stesso tempo generando un valore aggiunto – o, se preferite, prendere due piccioni con una fava (o meglio ancora, con un guscio di nocciola). Così, con un semplice ma efficace modo di dire, potremmo riassumere l’obiettivo del progetto sperimentale Live-Haze del ministero dell’Università e della Ricerca, che coinvolge un team di ricercatori di cinque atenei italiani e vanta tra i propri partner anche il Gruppo Nestlé Italia.

L’obiettivo del progetto, dicevamo, è piuttosto semplice: trovare un modo per impiegare nei mangimi per gli animali le cuticole di nocciola, che solitamente vengono separate dal frutto durante la fase di tostatura e gestite come scarti, generando così un esempio virtuoso ma soprattutto efficace di economia circolare e di sostenibilità nel settore agroalimentare.

Dagli scarti delle nocciole ai mangimi: i dettagli del progetto Live-Haze

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Vale la pena notare, prima di addentrarci nel funzionamento più pratico del progetto di ricerca, che le cuticole di nocciola possono vantare una elevata concentrazione di polisaccaridi, acidi grassi e sostanze antiossidanti come i tocoferoli; il che le rende particolarmente idonee a un potenziale utilizzo come componenti dei mangimi per gli animali.

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La tabella di marcia, stando a quanto lasciato trapelare, è già stata articolata in quattro fasi differenti. Il punto di partenza consisterà nella caratterizzazione delle cuticole di nocciola e dalla creazione di un estratto green di polifenoli, con l’intenzione di passare quanto prima alle prove in vivo. Una volta che i ricercatori avranno osservato adeguatamente gli effetti in vivo sull’ossidazione, il microbiota, le prestazioni e su altri fattori, ecco che passeranno all’analisi dei derivati come carne e latte.

Allo stesso tempo un team parallelo condurrà un’indagine sui potenziali impatti di questo particolare circuito circolare, valutandone tanto i parametri di sostenibilità ambientale quanto quelli di accettabilità sociale attraverso il coinvolgimento delle aziende aderenti al progetto e degli stessi consumatori.

Il ruolo di Nestlé Italia sarà quello di fornire la cosiddetta materia prima su cui condurre gli esperimenti del caso: in altre parole, il ramo nostrano della multinazionale metterà a disposizione gli scarti di produzione delle nocciole del suo stabilimento Perugina di San Sisto. “Siamo orgogliosi di partecipare a questo progetto al 100% italiano e di condividere le nostre conoscenze con le Università aderenti al progetto” ha dichiarato a tal proposito Marta Schiraldi, Head of Sustainability Nestlé Italia.

“Dare nuova vita a un piccolo scarto può contribuire a rendere la nostra filiera sempre più sostenibile e un modello di economia circolare da esportare”, ha concluso. Live-Haze non è il primo progetto che tenta di dare nuova vita agli scarti agroalimentari: i nostri lettori più attenti ricorderanno di un progetto simile dell’Università di Brescia, che puntava a utilizzare gli scarti dei cerali per bonificare i terreni inquinati.