C’è un nuovo aggiornamento sulla situazione dell’influenza aviaria oltreoceano, e non sono buone notizie: dopo il primo infetto grave canadese del mese scorso, un paziente americano dello stato del Lousiana è in condizioni critiche a causa del virus. Si tratta del primo caso di infezione grave registrato negli Stati Uniti, alimentando le paure di una possibile epidemia.
La situazione negli USA
Questo nuovo caso porta il conteggio degli infetti a sessantuno: gli altri pazienti presentano però sintomi lievi e non sono stati ospedalizzati, ma è la particolare gravità del malato in Louisiana, un sessantacinquenne già con problemi di salute, ad alimentare le preoccupazioni. Secondo il CDC, US Centers for Disease Control and Prevention, i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, l’uomo è stato esposto a polli infetti morti in un allevamento casalingo.
Questo il commento di Demetre Daskalakis, funzionario del CDC: “In più di vent’anni di esperienza a livello mondiale con questo virus, l’infezione H5 ha provocato condizioni gravi anche in altre nazioni, incluse condizioni che hanno portato alla morte nel 50% dei casi. Questo dimostra il potenziale del virus, ed evidenzia l’importanza di una risposta federale di tutti gli Stati Uniti”.
La preoccupazione aumenta
Anche se qualche caso di trasmissione del virus non sembra avere un’origine animale conosciuta, incluso un recentissimo caso nel Delaware, le autorità sanitarie dichiarano che ancora non ci sono prove che suggeriscano un’infezione da umano e umano, e che il rischio per la salute pubblica resta basso.
L’epidemiologa Meg Schaeffer, raggiunta dall’agenzia France Presse, sostiene che ci siano già diversi fattori per cui “l’influenza aviaria sta bussando alla nostra porta, e potrebbe scatenare una nuova pandemia in qualsiasi momento”, e la sempre maggior frequenze con con cui anche i mammiferi vengono infettati preoccupa gli esperti sulla capacità del virus di trasmettersi ad altre specie. Ma è soprattutto la politica a mettere in ansia autorità e popolazione, soprattutto le posizioni complottiste e no-vax del ministro della salute scelto da Trump, Robert F. Kennedy Jr.
L’emergenza in California
La continua promozione di Kennedy sui benefici di latte non pastorizzato è in evidente contrasto con le cronache recenti, in particolare con quella della California, stato in cui il governatore Gavin Newsom ha dichiarato lo stato d’emergenza. È proprio nel “Golden State”, dove i controlli sul latte sono maggiori, anche grazie a laboratori ben finanziati dalle aziende della Silicon Valley, ed è prodotto il 20% del latte della nazione, che sono state registrate più infezione sui mammiferi, specialmente vacche da latte, e per quanto il rischio per la popolazione resti basso, si è deciso di prevenire.