Possono esserci tutti i rincari del mondo, l’inflazione può galoppare quanto vuole, ma a quanto pare gli italiani a Natale non vogliono assolutamente rinunciare allo spumante. Anche se, a dire il vero, quest’anno staranno particolarmente attenti al portafoglio, prediligendo gli spumanti più economici. Il motto quest’anno quando si andrà a comprare lo spumante per i vari pranzi, cenoni e brindi sarà “low cost”. A dirlo è stato l’Osservatorio di Ismea e Unione Italiana Vini.
Spumante sì a Natale, ma che sia low cost
Secondo le previsioni Ismea-Uiv, durante queste feste natalizie gli italiani stapperanno come se non ci fosse un domani. Si parla di 95 milioni di bottiglie solo in Italia (nel mondo saranno 333 milioni). Per quanto riguarda i consumi, pare che siano rimasti stabili rispetto al 2022, segnando però un +24% rispetto al 2019.
Questo vuol dire che gli italiani possono rinunciare a tutto, ma non al tradizionale brindisi con lo spumante. Però dovranno fare comunque i conti con il portafoglio sempre più vuoto e dunque ecco che cambieranno un po’ le abitudini di acquisto.
Grazie alle elaborazioni dei dati Nielsen, ecco che Ismea e Uiv hanno fatto sapere che ci sarà un netto aumento degli acquisti di spumanti più economici con metodo charmat, sia varietali che di annata (+7,5% con 206 milioni di bottiglie nel 2023). E questo a scapito di denominazioni italiane come il Prosecco, l’Asti Spumante o anche rispetto al metodo classico, cioè Franciacorta, Trento Doc, Alta Langa, Oltrepò Pavese e Lessini Durello (-3% con 727 milioni di bottiglie nel 2023).
Nonostante tutto, però, le esportazioni dello spumante nel corso degli ultimi dieci anni sono triplicate, con una crescita in valore del 351% negli Stati Uniti, che si conferma top buyer, ma con buone performance anche nel Regno Unito (+350%), in Germania (+42%), in Francia (+416%) e in Polonia (+983%).
Ma qualche problemi c’è anche con le esportazioni, visto che nel corso dei primi nove mesi dell’anno l’export di spumanti è calato dei 3,1%, anche se in valore segnano un +2,5% a causa dell’inflazione. Se si vanno a vedere i vini, invece, l’export ha segnato un -0,2% a volume, con un -1,9% sul fatturato.
In calo le Dop, con un -3,8% a volume, mentre gli sfusi sono in rialzo, segnando un +18,9% a volume: grazie alla diminuzione dei prezzi alla produzione, hanno diminuito il valore medio del 14%.
Sempre parlando di vini, le esportazioni non vanno benissimo negli Stati Uniti, con un -12,8% a volume e un -9,5% a valore, mentre almeno in Germania si registra un +12,4% visto che qui sono stati parecchi ordini di vino sfuso. L’export di vino nel Regno Unito non segna sostanziali variazioni, mentre la Svizzera cala leggermente.