“A Napoli qualcuno è un po’ mariuolo, gaffe razzista del nutrizionista Federico Ferrero“, titola esagerando due volte il Corriere della Sera (se razzista è forse eccessivo nutrizionista riferito al vincitore di Masterchef 3 è addirittura esorbitante. Faccina).
Succede che domenica scorsa, il compito professorino, nel ruolo di esperto della trasmissione Alle Falde del Kilimangiaro condotto da Camila Raznovich, in onda proprio dagli studi di Napoli, distribuisca a noi villici preziose istruzioni sulla pizza margherita, le cui origini, com’è noto, si perdono nella notte dei tempi.
Fatto sta che durante la dotta dissertazione, impegnato in un’ardita ricostruzione storica, Ferrero il sapientino rivolto alla conduttrice affermi testuale: “Lo sai che siamo a Napoli e il napoletano è anche un po’ mariuolo, per cui il pizzaiolo Esposito si è preso un merito su qualcosa che era ben nota già 40 anni prima“.
Nell’ascoltare l’affermazione, che forse voleva essere più spiritosa che offensiva ma è chiaramente riuscita male, la milanese Camila Raznovich non batte ciglio, mentre sente il bisogno di dissociarsi quando Ferrero sottolinea l’assenza di vere pizzerie a Torino.
Valla a capire.
Morale della favola? In televisione si può dire con serenità che il napoletano è mariuolo, ma non che la pizza torinese è immangiabile, nota arguto lo scrittore partenopeo Angelo Forgione.
Che ci sembra voce autorevole per spianare finalmente la favoletta della pizza margherita come invenzione di Raffaele Esposito della pizzeria Brandi per ossequiare nel 1889 la sovrana d’Italia, regina Margherita di Savoia.
Probabilmente fu l’omaggio di qualcosa che esisteva già:
“Un alimento nato dalla rivoluzione agricola attuata da Ferdinando di Borbone tra la Real Tenuta di Carditello e i territori di San Marzano, i cui frutti [mozzarella e pomodoro] si incontrarono a Napoli, alla fine del Settecento, su un disco di pasta da cuocere in forno“.
Tutto scritto senza cliché ammuffiti sui napoletani, e al netto di ogni insulto. Se il professorino permette.
[Crediti | Corriere della Sera, Angelo Forgione]