Morto il bracciante abbandonato in strada con un braccio mozzato: il caporalato esiste ancora, ed è una piaga sociale

La tragica vicenda di Satnam Singh, il bracciante indiano abbandonato in strada con un braccio mozzato è l'ennesima prova che quella del caporalato è una piaga ancora attuale.

Morto il bracciante abbandonato in strada con un braccio mozzato: il caporalato esiste ancora, ed è una piaga sociale

Si è conclusa oggi, nel peggiore dei modi, la tragica storia di Satnam Singh, bracciante trentunenne di origine indiana, addetto al taglio del fieno, vittima di uno spaventoso incidente sul lavoro in un’azienda agricola di Borgo Santa Maria, nei pressi di Latina. Due giorni fa Hardeep Kaur, segretaria locale del sindacato dei lavoratori dell’agroindustria Flai Cgil, riportò i grotteschi dettagli di quanto avvenuto: il giovane fu abbandonato nelle vicinanze della sua abitazione senza un braccio, staccato di netto dopo essersi incastrato in un macchinario avvolgiplastica, con l’arto messo senza troppe cerimonie in una cassetta della frutta. Questo il trattamento che gli era stato riservato, invece di soccorsi immediati. A nulla è servito il ricovero urgente in eliambulanza presso l’ospedale San Camillo di Roma, dove Singh è morto questa mattina.

La barbarie del caporalato

satnam singh morto caporalato

Una vicenda orribile, che non può che ricordare per l’ennesima volta che la piaga del caporalato sembra ancora lontana da una qualsivoglia soluzione. La segretaria Kaur commenta senza mezzi termini: “Qui non siamo solo di fronte a un grave incidente sul lavoro, cosa già di per sé allarmante ed evitabile, qui siamo davanti alla barbarie dello sfruttamento, che calpesta le vite delle persone, la dignità, la salute e ogni regola di civiltà”. Le fa eco la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli, per la quale siamo di fronte a fatti di “inaudita brutalità frutto del sistema del caporalato e dell’irregolarità in cui releghiamo migliaia di migranti che arrivano nel nostro Paese in cerca di speranza”. Si tratta, aggiunge, di “schiavi della società contemporanea, irregolari, senza permesso di soggiorno, e quindi più ricattabili da chi considera il lavoro solo un profitto e i diritti, come quello all’assistenza, solo degli ostacoli”. La gravità dei fatti ha imposto la reazione del governo, in un territorio che in passato ha visto anche l’attività della premier Giorgia Meloni. Oggi è la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone a parlare: “Episodi del genere devono indurre le istituzioni ad essere ancora più incisive nel contrasto al lavoro sommerso e nella promozione di una moderna cultura del lavoro, nell’ottica di garantire condizioni dignitose”.

L’inchiesta

agricoltura

La procura ha iscritto nel registro degli indagati il titolare dell’azienda agricola luogo dell’incidente, a cui vengono contestati i reati di omissione di soccorso ed omicidio colposo.
Il Comune di Latina ha poi comunicato che la sindaca Matilde Celentano si costituirà parte civile nel futuro processo: “L’episodio avvenuto nella nostra città costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali, della dignità umana e delle norme inerenti la sicurezza dei lavoratori”. Particolarmente amaro il commento di Bruno Giordano, magistrato ex direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro e autore della legge contro il caporalato: “se mentre raccogli la frutta che vogliamo avere fresca al supermercato o mieti il grano per il nostro pane quotidiano, per 3 euro all’ora, a 40 gradi all’ombra, ti strappano un braccio, non chiamano nemmeno un’ambulanza, ti scaricano da un furgone sul ciglio di una strada e buttano il tuo braccio in un campo, e muori dissanguato, sei in Italia, nel paese in cui non dobbiamo disturbare chi ha voglia di fare”.