Miele falso? Ma che significa? Beh, in realtà esattamente quello che avete immaginato – “miele” che con le api non ha quasi nulla a che vedere, essendo di fatto composto da sciroppi di zucchero ricavati da grano, riso e barbabietola da zucchero. Stando infatti a quanto rivelato dal rapporto “Dagli alveari”, redatto dalle stesse autorità europee, “una percentuale significativa di miele importato in Europa è sospettata di essere fraudolenta, ma spesso non viene individuata”. D’altro canto, i numeri parlano chiaro: dei 320 lotti presi in esame dal laboratorio ufficiale del Centro comune di ricerca (Ccr) per conto dell’esecutivo europeo, poco meno della metà (il 46%, a essere precisi) non conteneva realmente miele.
Miele falso: i Paesi sospetti e i rischi per la salute dei consumatori
No, naturalmente di rischi per la salute sono minimi: la cosiddetta pietra dello scandalo giace nel fatto che le pratiche di questo tipo sono giustamente vietate dalle leggi comunitarie in quanto ingannano gli acquirenti. È bene notare che il numero più alto di queste partite “contraffatte” proviene dalla Cina (con 88 lotti pari al 74%), Ucraina (74), Argentina (34), Messico (22), Brasile (18) e Turchia (15); con etichette che nella maggior parte dei casi raccontano di prodotto “poliflorale” (77%) o “monoflorale” (11%), mentre il resto è di origine botanica sconosciuta.
Si segnala, per di più, che nonostante la Turchia occupi una posizione relativamente bassa nella classifica qui sopra, il miele da qui proveniente presenta la percentuale relativa più alta di campioni sospetti (93%); mentre l’apparentemente insospettabile Regno Unito ha messo a segno un “tasso di sospetto” addirittura del 100%. Analizzando questi dati, i ricercatori sono arrivati alla conclusione che siano dovuti dal fatto che in quel d’Oltremanica arrivi molto miele prodotto da altri Paesi che viene ulteriormente miscelato e poi riesportato in altri mercati.
Il rapporto, coordinato alla Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare (Dg Sante) con il coinvolgimento dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) e di 16 Paesi europei, ha svelato che oltre la metà degli operatori (57%) ha esportato partite di miele sospette, mentre il 66% ne ha importato almeno uno; e soprattutto ha portato alla luce una certa complicità tra esportatori e importatori.
Gli ispettori hanno ad esempio smascherato il riscorso a laboratori accreditati dall’Ue per “aggiustare” le miscele di miele e zucchero in modo da non essere scoperti dai clienti e dalle stesse autorità di settore, o ancora l’utilizzo di additivi e coloranti per imitare fonti botaniche e il falsificare le informazioni circa la tracciabilità del prodotti. Emersi i risultati le autorità competenti non hanno esitato a dare il via alle indagini nei confronti di 44 operatori attivi sul territorio europeo, con sette di questi che sono già andati incontro a sanzioni.