Si parla anche di cibo (non potrebbe essere altrimenti) al G20 in corso in questi giorni a Rio de Janeiro. Il presidente brasiliano Lula da Silva apre i lavori lanciando l’Alleanza contro la fame e la povertà, una task force proposta dal Paese ospitante per trovare e unire le risorse utili a combattere le disuguaglianze alimentari nel mondo. La Il premier Meloni “aderisce convintamente” al programma, ma coglie l’occasione per sottolineare ancora una volta il suo distacco dal cibo sintetico. Ben venga la ricerca alimentare, dice, ma non per creare prodotti in laboratorio promuovendo una società in cui “chi è ricco potrà mangiare cibo naturale e a chi è povero verrà destinato quello sintetico”.
L’Alleanza mondiale contro la fame e la povertà
In apertura dei lavori per il G20, il presidente Lula cita una serie di problematiche che riguardano la società internazionale: il maggior numero di conflitti internazionali fin dalla Seconda guerra mondiale, i fenomeni climatici estremi, le disuguaglianze sociali e razziali. Nasce allora la proposta della Global Alliance Against Hunger and Poverty, “l’Alleanza mondiale contro la fame e la povertà”, voluta proprio dal Brasile. “L’Alleanza nasce nel G2, ma il suo destino è globale“, afferma Lula, che cita una notevole quantità di Stati ed enti già aderenti: 81 Paesi, 26 organizzazioni internazionali, nove istituti finanziari e 31 associazioni filantropiche. Fra questi numeri vi è anche l’Italia che, nella figura di Giorgia Meloni, “aderisce convintamente” alla task force.
Sì alla ricerca, no al cibo prodotto in laboratorio
Il primo ministro è fresco di iniziative simili adottate la scorsa estate al G7, durante il quale era stata lanciata l’iniziativa Apulia Food Systems Initiative, volta a proteggere e incoraggiare la sicurezza alimentare internazionale e che intende cooperare con il nuovo programma nato in seno al G20. Meloni dice sì alla ricerca e alla collaborazione tra Stati, ma ancora una volta grida no al cibo sintetico e a un mondo in cui “chi è ricco potrà mangiare cibo naturale e a chi è povero verrà destinato quello sintetico”.
In altre parole, no al cibo prodotto in laboratorio (“sintetico”, lo ribadiamo, è un termine tecnicamente errato), che equivale a una negazione nei confronti della ricerca e di potenziali opportunità per la salvaguardia di ambiente e salute (difficile saperlo se chiudiamo le porte dei laboratori). Il pericolo paventato lo conosciamo: la carne coltivata o simili prodotti nemici rischiano di sostituire l’agricoltura e gli alimenti “naturali”. La ricerca che sostiene Meloni, infatti, dovrebbe servire a “garantire colture sempre più resistenti”; però continuano a non piacerci gli OGM e il risultato è che anche progetti basati su tecnologie simili – come il riso TEA RIS8immo – generano paura e ostruzionismo generale, con conseguenti distruzioni vandaliche. Staremo a vedere quale ricerca alimentare sarà consentita allora e se porterà i frutti sperati.