Il rituale self-service di McDonald’s lo conoscete bene. Ci si mette in fila, dai tabelloni sgargianti si sceglie cosa mangiare (sperando tra e un filet-o-fish e un cheesburger di fare incontri interessanti), e una volta preso il vassoio si punta con determinazione verso la tavola.
Dal 1955 è sempre stato così.
Fino a oggi.
Non bastava il futuro intravisto nello sperimentale McDonald’s Next di Hong Kong: colori neutri invece dei tradizionali rosso e giallo, vetro e metallo per gli interni, una grande cucina a vista per garantire la massima trasparenza sulla preparazione dei piatti, e poi insalate, quinoa, brioche appena sfornate, miscele di caffè pregiato.
Un fast food irriconoscibile, al punto da far pensare che per McDonald’s l’era dell’hamburger e delle patate fritte, insomma del cibo spazzatura, stia per tramontare definitivamente.
Negli ultimi giorni, in quattrocento punti vendita del Regno Unito, il gigante americano sta mettendo alla prova altre due novità. Il cambio di pelle passa per un hamburger premium (ancor più di quello 100% bio lanciato in Germania) e per il servizio ai tavoli, nientemeno che.
Come dire che il self service più famoso del pianeta si trasforma in un ristorante, veloce, ma servito.
Così facendo McDonald’s sta cercando di adattarsi ai gusti dei clienti e intercettarne di nuovi.
L’obiettivo è contrastare il calo del fatturato registrato in molti paesi (con 59 chiusure negli Stati Uniti) e la crescita rampante di fast food più moderni come Five Guys, Shake Shack, Nando’s, Byron’s (che vende solo hamburger freschi senza passare per fasi di surgelazione e conservazione) o la catena di cibo messicano Chipotle.
Per non parlare dei rivali di sempre come Burger King e KFC.
Finora gli inglesi non sembrano essere entusiasti della novità, ma per capire se con questi cambiamenti i 35mila ristoranti di McDonald’s dislocati in tutto il mondo riusciranno a vendere più hamburger oppure no, è ancora troppo presto.
[Crediti | link: Guardian, Telegraph]