Sergio Mattarella è una di quelle rare persone nel panorama politico capaci di mettere tutti d’accordo. Chi è contro i dazi di Trump ad esempio, ma anche chi certe politiche di stampo nazionalista le ammira e auspica anche per l’Italia. Parliamo della Lega, in questo caso rappresentata dal ministro dell’Economia Giorgetti, e da Coldiretti, notoriamente avversa alle direttive europee. Il discorso pro liberismo del presidente della Repubblica ieri in ambito agro-vinicolo ha fatto il miracolo: niente polemiche, solo applausi.
Cosa ha detto Mattarella
Sabato 22 marzo si è tenuta la 44esima edizione del Forum della Cultura dell’Olio e del Vino, evento annuale organizzato da Fisar (Fondazione Italiana Sommelier). Guest star Sergio Mattarella, che alle undici in punto ha dato inizio all’avvenimento con un discorso ad hoc. Il succo è la questione dei dazi, e dei rischi legati a mercati chiusi e diffidenti. Ma anche le difficoltà per il mercato agroalimentare italiano di proteggersi dai danni e dalla conseguente crescita dell’Italian sounding (aka quei prodotti che richiamano l’Italia nel nome ma non hanno nessuna provenienza certificata di prodotto tipico o made in Italy).
Mattarella esordisce con un concetto molto semplice, e certamente condivisibile: mercati liberi uguale pace. “Commerci e interdipendenza sono elementi di garanzia della pace. Nella storia, la contrapposizione tra mercati ostili ha condotto ad altre più gravi forme di conflitto. I mercati aperti producono una fitta rete di collaborazioni che, nel comune interesse, proteggono la pace”. In un mondo ideale (ahem, senza Trump) tutto ciò sarebbe auspicabile.
Ma sono tempi bui e incerti, continua Mattarella. Tempi di “proibizionismi immotivati” e di chiusure “dal sapore incomprensibilmente autarchico”. Produrre per l’autoconsumo ci riporterebbe indietro di un secolo, e sappiamo tutti com’è andata a finire. Il pericolo poi, prosegue il presidente, è legato alla competizione di fake italiani che rischiano di prendere il sopravvento. “Misure come quelle che vengono minacciate darebbero, inoltre, ulteriore spinta ai prodotti del cosiddetto Italian sounding, con ulteriori conseguenze per le filiere produttive italiane, non essendo immaginabile che i consumatori di altri continenti rinuncino a cuor leggero a rincorrere gusti che hanno imparato ad apprezzare”.
Tutti d’accordo (anche Coldiretti)
Il discorso di Mattarella termina con i soliti convenevoli sull’eccellenza della filiera e alcuni dati relativi all’andamento della produzione agroalimentare. L’export di olio evo (siamo i secondi al mondo) frutta tre miliardi, quello di vino nel 2024 ha superato quasi otto. Come dire, se scattano le tariffe la festa è finita. Quindi viva il mercato libero, abbasso i dazi, bagno di popolo.
E così è stato. Manco a farlo apposta, lo stesso giorno il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è espresso in senso molto simile a Mattarella. L’occasione era decisamente diversa (il giuramento degli allievi della GdF a Bergamo) ma si allinea con le parole. Le “guerre commerciali” sotto forma di dazi e criptovalute sono, secondo il ministro, “strumenti usati come vere e proprie armi economiche, in grado di ridefinire gli equilibri e le dinamiche finanziarie e commerciali globali, ma che stanno anche influenzando profondamente la politica mondiale”.
Il plauso diretto al discorso di Mattarella invece arriva da Coldiretti, e si concentra soprattutto sulla parte riguardante l’Italian sounding. Un affare da 120 miliardi di euro che rischia di danneggiare seriamente il Made in Italy. Allo stesso modo preoccupano le tariffe, anche perché non è la prima volta. All’ultima presidenza Trump si erano già registrati cali nel valore delle esportazioni, dal -6% del vino al -28% delle carni. Convengono Coldiretti, ministero, Mattarella e tutte le persone sane di mente rimaste in questo inizio 2025: se andiamo per questa strada, finisce male.