Acqua e ghiaccio e vento non bastano a domare la siccità – anzi, pare proprio che l’imperversare del maltempo non abbia fatto altro che provocare danni aggiuntivi. Per confermare questa tesi basta dare un’occhiata veloce al livello del fiume Po, che di fatto da oltre due mesi non riesce a risalire la china dai -3 metri sotto il cosiddetto zero idrometrico. In altre parole, il primo corso d’acqua dell’Italia continua a essere strozzato dalla carenza idrica, con la risalita del cuneo salino che minaccia i settori dell’agricoltura e della pesca – in particolar modo le risaie e gli allevamenti di vongole.
Ha piovuto, è vero – ma la pioggia caduta, tanto attesa per combattere la siccità degli ultimi mesi, si è di fatto abbattuta con una tale violenza sul terreno arido e incapace di assorbirla da provocare frane e smottamenti e, come accennato, aggiungendo nuove voci alla sempre più malinconica conta dei danni. Abbiamo parlato del Po – che di fatto rimane irriconoscibile, il letto del fiume è praticamente sostituito da una grande distesa di sabbia -, ma non pensate che i laghi se la passino meglio: il Maggiore registra un livello negativo di quasi 24 centimetri sotto lo zero idrometrico e quello di Como che va ancora peggio, con meno 36 centimetri.
“Occorre intervenire nell’immediato con misure di emergenza per salvare i raccolti e il futuro di aziende e stalle in grave difficoltà” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Con l’Anbi, l’Associazione nazionale delle bonifiche, abbiamo elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di bacini di accumulo (veri e propri laghetti) per arrivare a raccogliere il 50% dell’acqua dalla pioggia. I laghetti sarebbero realizzati senza cemento, con pietra locale e con le stesse terre di scavo con cui sono stati preparati, per raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla in caso di necessità”.