“Immagini del genere non le avevo mai viste prima”: a parlare è Giulia Innocenzi, produttrice e regista (insieme a Pablo D’Ambrosi) di Food For Profit, e nota anche e soprattutto per il suo lavoro giornalistico teso a denunciare violenze, abusi e irregolarità negli allevamenti. L’implicito non potrebbe essere più eloquente: se nemmeno Innocenzi aveva mai visto nulla del genere, le immagini non possono che essere davvero forti.
Al centro del più recente lavoro di Innocenzi ci sono due allevamenti intensivi in Emilia Romagna, nel cuore della zona restrizione per la peste suina africana. Le immagini qui riprese mostrano topi che camminano sui corpi dei maiali, nel loro mangime, sulle carcasse ormai in piena marcescenza, abbandonate da giorni sui pavimenti coperti di feci e urina e sangue.
Il nodo della peste suina
L’occasione è matura per ricordarvi che la peste suina africana è un virus del tutto innocuo per l’essere umano, ma estremamente contagioso e letale per i maiali e i cinghiali. Ormai notoriamente presente sul territorio principale, i focolai più gravi si trovano nel Nord Italia, in particolare in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna: solamente lo scorso anno furono registrati più di 50 mila abbattimenti, spesso e volentieri svolti con metodi cruenti e mossi dalla sola pulsione del profitto.
La presenza dei topi negli allevamenti è estremamente grave: oltre agli evidenti problemi di biosicurezza e igiene, questi animali possono anche fungere da vettore di diffusione della peste suina africana all’interno e all’esterno degli allevamenti. Le irregolarità, in ogni caso, non si fermano qui.
Le immagini mostrano decine di animali morti lasciati all’aperto o “dimenticati” all’interno delle stesse gabbie, scrofe fatte partorire in zone non adatte con la placenta ancora addosso e i suinetti che rimangono incastrati nelle griglie del pavimento. Nel pieno di una crisi sanitaria, come quella per l’appunto dettata dall’imperversare della peste suina africana, l’igiene dovrebbe essere la priorità.
Il copione, duole dirlo, è ricco di altri colpi ormai già noti a chi non si ostina a tenere le proverbiali fette di prosciutto sugli occhi. Ci chiediamo che ne penserà il ministro Lollobrigida, che nell’ultima “puntata” aveva confessato di avere appreso dell’esistenza di Food for Profit – un documentario trasmesso anche al Parlamento Europeo… – solamente grazie alla messa in onda di Report, definendo il lavoro di Innocenzi e D’Ambrosi un tentativo di criminalizzare gli allevatori.
“Chissà quanti sono gli allevamenti in condizioni critiche come questi” ha spiegato Innocenzi. “Per questo facciamo un appello: le istituzioni devono monitorare le condizioni in queste strutture in zone di restrizioni, per non aggiungere altra sofferenza a quella che già vivono i maiali normalmente”.