L’Ungheria blocca la carne coltivata, ma l’Ue la boccia: quando arriverà il turno dell’Italia?

Al "no" dell'Ungheria la Commissione Ue risponde con "no" ancora più deciso. La carne coltivata continua a essere oggetto di discussione.

L’Ungheria blocca la carne coltivata, ma l’Ue la boccia: quando arriverà il turno dell’Italia?

La carne coltivata spacca il Vecchio Continente: c’è chi, come il Regno Unito, opta per il semaforo verde dopo avere speso quasi 2 milioni di sterline per valutarne la sicurezza; e chi, come noialtri, si trincea dietro dei “no” intrisi di miope ideologia. L’Ungheria si è schierata sotto lo stesso vessillo, a dire il vero: le autorità europee, però, si sono attivate per dire la loro.

Il disegno di legge made in Budapest che vieterebbe la produzione e l’immissione sul mercato di carne coltivata è stato notificato lo scorso luglio. La bocciatura dell’Ue, invece, risale solamente alle ultime ore: la Commissione ha dichiarato di considerare “ingiustificato” e “non necessario” il divieto di cui sopra. Una domanda sorge spontanea: quando toccherà all’Italia?

Il verdetto europeo e il suo significato per l’Italia

carne-coltivata

Carta canta, e la lettura della Commissione Ue è più che eloquente. Ve lo riportiamo di seguito: “Non è stata ancora concessa alcuna autorizzazione per nessun prodotto a base di carne allevato in laboratorio” nell’Ue “pertanto questi prodotti non possono essere immessi sul mercato”, sottolineano da Bruxelles in riferimento al divieto ungherese. Divieto che, come accennato, “non è quindi necessario, poiché attualmente il divieto di commercializzazione deriva dal diritto dell’Unione e si applica a tutto il territorio dell’Unione”. Palla al centro? In realtà c’è altro. 

Cibo per animali con carne coltivata: i cani e i gatti del Regno Unito fanno lezione all’UE Cibo per animali con carne coltivata: i cani e i gatti del Regno Unito fanno lezione all’UE

Vale infatti la pena notare che, anche fatta questa doverosa premessa, il divieto rimane comunque “ingiustificato” in quanto potrebbe precludere la procedura di autorizzazione armonizzata per i nuovi alimenti a livello Ue, che prevede una valutazione scientifica da parte dell’Autorità europea di sicurezza alimentare (Efsa). Insomma: parola alla scienza. Il che ci porta all’Italia.

A oggi il “no” italiano galleggia in una sorta di limbo. All’inizio dell’anno la Commissione europea archiviò il pollice in giù promosso dal ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida per vizi procedurali, in quanto tale disegno di legge fu approvata in violazione dei termini sospensivi previsti dalla procedura TRIS (un regolamento che entra in vigore quando vengono prese in esame delle norme che ostacolano la libera circolazione delle merci nel contesto europeo; cosa che il semaforo rosso alla carne coltivata di fatto prevede).

Carne coltivata: l’UE ha bloccato o no il ddl Lollobrigida? Non lo sanno neanche loro Carne coltivata: l’UE ha bloccato o no il ddl Lollobrigida? Non lo sanno neanche loro

C’è chi vede nella bocciatura al disegno ungherese un potenziale precursore di quanto accadrà all’Italia. Il parere emesso dalla Commissione europea “sulla legge ungherese” che vieta la carne coltivata in laboratorio, conferma che “anche la legge italiana” promossa da Lollobrigida “va considerata in violazione delle norme europee“, ha spiegato a tal proposito l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

La speranza, insomma, è quella di una retromarcia (imposta, sì, ma comunque utile) che permetta di prendere la rincorsa e smettere di vestire i panni del fanalino di coda nella ricerca, seguendo la traccia di progetti virtuosi come quello dell’Università di Torino. A oggi, l’impressione è che lo Stivale si sia autosabotato uccidendo sul nascere una filiera – quella della carne coltivata, per l’appunto – che avrebbe potuto rappresentare una potenziale eccellenza a livello internazionale, spingendo il tanto caro Made in Italy anche come pioniere dell’innovazione. O forse la pratica spaventa più della retorica?