Voci dicono che dalle parti di Milano si stiano già pianificando le più redditizie strategie di export. Sciogliere il cappio della siccità con la raccolta della nebbia: ma di che si tratta?
La questione è piuttosto semplice: è un metodo con il quale è possibile catturare acqua dalla nebbia e stoccarla per usi futuri. Un recente studio guidato dall’Universidad Mayor, Cile, e pubblicato su Frontiers in Environmental Science è dell’idea che possa rappresentare una strategia chiave per affrontare un futuro che, per alcuni angoli del mondo, si fa sempre più arido.
Come funziona la raccolta della nebbia?
Per prima cosa serve un retino. O meglio ancora, un collettore. Bello grosso, possibilmente: di solito sono costituiti da una maglia sospesa tra due pali. La maglia funge da superficie di intercettazione per catturare l’umidità, facendo accumulare goccioline che vanno poi a fluire in un apposito serbatoio di stoccaggio. Ve l’avevamo detto: la questione è piuttosto semplice.
Trattasi, è bene notarlo, di un sistema passivo che non richiede energia esterna. Ma la mole di acqua raccolta è tale da poter essere considerata come una strategia significativa per la lotta alla siccità? Parola agli scienziati: i nostri protagonisti hanno condotto uno studio sul campo della durata di un anno ad Alto Hospicio, un comune in rapida crescita situato nell’iperarido deserto di Atacama.
Da queste parti appena l’1,6 per cento degli insediamenti locali è collegato alle reti di distribuzione idrica e la maggior parte degli abitanti riceve l’acqua tramite autocisterne. Largo ai numeri e ai risultati: nei 100 km quadrati attorno ad Alto Hospicio si potrebbero raccogliere tra 0,2 e 5 litri di acqua da nebbia per metro quadrato al giorno; ma nella stagione di punta (tra agosto e settembre) il potenziale di raccolta ha raggiunto fino a 10 litri per metro quadrato al giorno.
Pensare di potere risolvere la siccità con la sola raccolta della nebbia significa, com’è ovvio, peccare di ottimismo. La lettura proposta dagli stessi ricercatori, infatti, è quella di utilizzarla come parte di una strategia più ampia di gestione delle acque urbane. Pensiamo al caso della Sicilia, da tempo prigioniera della siccità; e dove da poco è stato trovato un bacino sotterraneo di acqua da 17 miliardi di metri cubi.
Sulla base di un tasso medio annuo di raccolta dell’acqua di 2,5 litri per metro quadrato al giorno, i ricercatori hanno affermato che 17.000 metri quadrati di rete di raccolta potrebbero produrre abbastanza acqua per soddisfare la domanda idrica settimanale (300.000 litri) per le baraccopoli urbane di Alto Hospicio. 110 metri quadrati potrebbero soddisfare la domanda annuale per l’irrigazione degli spazi verdi della città (100.000 litri).