Non è di facile gestione quella legata al Granchio Blu, predatore alloctono che sta invadendo le acque italiane, con particolare concentrazione nel Veneto. Il presidente della Regione Luca Zaia ha tenuto nelle scorse ore una conferenza stampa durante la quale ha mostrato due esemplari, per sottolineare quanto siano distruttivi per reti e altre specie animali. La soluzione, per il politico, è chiedere lo stato di emergenza nazionale anche se è già stato dimostrato che ne potrebbe esistere un’altra per fare di necessità virtù.
Il Veneto sta subendo i danni maggiori, anche se il Granchio Blu ha invaso l’Emilia Romagna e arrivando persino in Sardegna, con un pericolo concreto per cozze, ostriche e vongole. Il Governo ha già stanziato quasi 3 milioni per fronteggiare tale predatore e contrastarne la diffusione, ma il futuro potrebbe imboccare un’altra strada.
Luca Zaia: stato di emergenza e 300 nasse per monitorare la diffusione
Un Luca Zaia che ha deciso di puntare sull’effetto sorpresa, durante la conferenza stampa tenuta nelle scorse ore e andata in onda su Facebook in diretta live. Ha parlato di numeri, di danni, e poi ha anche mostrato due esemplari vivi di Granchio Blu, facendo notare come uno di essi avesse ancora in bocca un frammento di rete da pesca. Tutto ciò per dimostrare quanto questi animali siano distruttivi e dannosi per le nostre acqua, tanto da spingere Luca Zaia a dichiarare, già il 24 luglio, lo stato di calamità. Il nuovo passo è lo stato di emergenza nazionale. Oltre a ciò, Zaia fa sapere che la Regione Veneto ha stanziato 80 mila euro in aggiunta ai 3 milioni del governo, per abbattere il Granchio Blu: nel Veneto si parla di 329 tonnellate da inizio anno, di cui 84 tonnellate solo ad agosto a Scardovari e 29 solo ad agosto a Pila, in provincia di Rovigo.
“Mi dispiace per gli animalisti, ma osservando da vicino li vedete i filamenti? Questo filamento è un pezzo di rete che si è mangiato. Questo (granchio) spacca tutto. Questo apre ostriche, apre cozze, apre molluschi. Spacca tutto e fa disastri. Abbiamo dichiarato lo stato di calamità il 24 luglio e chiesto lo stato di emergenza nazionale. Da domani partirà un progetto di posa di 300 nasse da parte di Arpav e Veneto Agricoltura, per monitorare la diffusione e la distribuzione della popolazione“.
E se, invece, lo cucinassimo?
Alla soluzione allarmista di Zaia si potrebbe affiancare una soluzione propositiva. In tempi non sospetti siamo stati i primi, qui a Dissapore, ad approfondire la questione e a concentrarci su una possibile soluzione alternativa: mangiarci il Granchio Blu, diffondere una cultura alimentare che lo valorizzi e lo commercializzi, quantomeno per arginare la situazione.
Lo fece la collega Caterina Vianello a febbraio, quando pubblicò un articolo che non solo parla di come il Callinectes Sapidus si sia concentrato particolarmente in Veneto – intervistando a proposito il professor Piero Franzoi, del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – ma anche di come questo sia un predatore ottimo per il consumo umano (è stato definito dolce come la granseola).
Di necessità virtù: apprezzarlo e farlo arrivare nel fine dining. Si tratta di una soluzione già in atto a Venezia: troviamo il Granchio Blu nel menu del Glam (2 Stelle Michelin), del Venissa (1 Stella Michelin) e del Local (1 Stella Michelin). Tramite il fine dining si può “educare” e ispirare altre realtà, fino arrivare alle cucine casalinghe – e c’è chi già cucina il Granchio Blu, ma si tratta di casi davvero sporadici e siamo lontani da un’approvazione popolare in merito.