Sembra quasi che Francesco Lollobrigida abbia una sorta di ossessione nei confronti del grano italiano e di qualsiasi cosa possa essere considerata Made in Italy. Adesso il Ministro dell’Agricoltura e di tutte cose ha deciso che bisogna fare più controlli su tracciabilità e importazioni del grano. E fin qui ok. Il problema, però, è che per farlo vuole pagare gli agricoltori per coltivare più grano Made in Italy.
Davvero? Questa è l’unica soluzione che è venuta in mente agli esperti del governo? Dare soldi? Perché pur essendo digiuni di economia, non ci sembra una buona idea. Senza modificare tutto ciò che non va nel settore, difficilmente limitarsi a dare un incentivo economico può fare la differenza.
Francesco Lollobrigida e il grano italiano
Il tutto è stato deciso un paio di giorni fa dopo una cabina di regia sui controlli del settore che si è tenuta proprio al ministero dell’Agricoltura. Alla cabina di regia hanno partecipato anche i diretti interessati della filiera grano-pasta e quello che è emerso è un nuovo piano straordinario di controlli che verteranno sulla tracciabilità e sulla qualità del grano importato. Il tutto già a partire da metà novembre.
Tuttavia la parte interessante arriva ora. Si sta vagliando, infatti, un sistema per cercare di incentivare l’aumento della produzione italiana di grano tramite un sistema di contributi collegati ai costi di produzione. E questa operazione verrà finanziata non solo dalla Politica agricola comune, ma anche da fondi nazionali.
Siamo sicurissimi che il progetto sia stato attentamente studiato da esperti del settore. Ma così a occhio c’è qualcosa che non torna. Ok, va bene questa ossessione del Made in Italy che deve essere eccellenza eccetera eccetera, ma come dovrebbe funzionare questo sistema? Bisogna trovare una bacchetta magica per moltiplicare i territori coltivabili e gli agricoltori disposti a coltivarli solo a grano? Bisogna convertire altre produzioni e sostituirle con il grano? Perché l’Italia è piccolina, dubito che abbiamo i necessari metri quadri per soddisfare il fabbisogno nazionale solo con la nostra produzione.
Ma non solo. Il problema, infatti, è più alla base e coinvolge parecchi fattori. Se non viene cambiato il sistema, molto probabilmente erogare solamente fondi non risolverà nulla. Un esempio? Beh, diamo soldi agli agricoltori per convincerli a coltivare grano qui in Italia, ma se poi magari questo grano gli viene pagato una miseria perché qualcosa nella filiera si inceppa, non funziona e non viene sistemato? Vedi un po’ quello che succede con il latte.
La sensazione, così, a pelle, è che come al solito si stiano facendo le cose all’italiana: visto che risolvere i problemi alla radice richiederebbe troppo lavoro, soldi e scelte non facili da fare, meglio coprire tutto con un velo di fondi erogati per far vedere che qualcosa facciamo. Anche se poi questo qualcosa sul lungo periodo non serve a nulla (un po’ come successo con i monopattini elettrici o i banchi con le rotelle per intenderci).
Ma torniamo agli esiti della cabina di regia. A quanto pare le importazioni di grano duro (settore in deficit del 40% rispetto al fabbisogno dei molini) sono aumentate del 65% durante i primi sette mesi dell’anno. Tuttavia il desiderio del ministero è quello di voler promuovere ulteriormente il Made in Italy sui mercati.
Secondo il ministro, l’Italia è resa forte dalla “sicurezza e la sostenibilità, ambientale ed economica, alla base della nostra produzione”. Lollobrigida ci ha tenuto a far sapere che non sono contrari all’import (come non sono contrari alle novità, vedi la carne coltivata in laboratorio, chiedo per un amico?), ma il grano 100% italiano rappresenta comunque un valore aggiunto. E ribadisce che il sistema Italia è il più controllato, ma vogliono comunque che venga ulteriormente percepito così.