Una parte piuttosto considerevole dell‘acqua potabile – e dunque destinata al consumo umano – della Lombardia risulta contaminata da PFAS, sostanze chimiche artificiali estremamente longeve (tanto da essere note anche con il nome di forever chemicals) e notoriamente associate all’insorgere di numerosi problemi di salute, tumori compresi. La “soffiata” arriva da una recente indagine redatta da Greenpeace che, grazie alle doverose richieste di accesso agli atti indirizzate alle varie ATS e altri enti gestori delle acque potabili lombarde, ha potuto prendere in esame circa 4 mila campioni già analizzati dagli enti incaricati nel lasso di tempo tra il 2018 e il 2022. I risultati parlano chiaro: circa un quinto del totale è risultato positivo alla presenza di PFAS.
PFAS nell’acqua potabile in Lombardia: l’indagine di Greenpeace
Se la sigla PFAS non vi è nuova non ci stupiamo affatto: si tratta, d’altronde, di sostanze di comune impiego negli imballaggi plastici e in apparecchi elettronici che, durante la produzione o il semplice uso quotidiano di tali prodotti vengono disperse nell’aria. Si tratta, in altre parole, di un agente silenzioso e invisibile ma potenzialmente onnipresente – tant’è che, come sottolinea la stessa Greenpeace nella sua indagine, “l’inquinamento [dell’acqua potabile in Lombardia] rischia di essere molto sottostimato, se si considera che le analisi condotte finora sono parziali e non capillari”.
È bene notare, per di più, che nella maggior parte dei casi analizzati dall’associazione gli enti contattati non hanno specificato quando i campioni si riferissero ad acqua di pozzo e quanto a quella del rubinetto di casa; ma i risultati – seppur, come accennato, potenzialmente macchiati da sottostima – sono utili a fornirci un’idea dell’entità della situazione.
Entrando più nei dettagli, la provincia di Lodi si è distinta per avere la percentuale più alta di campioni di acqua potabile contaminati da PFAS (84,8%); seguita da Bergamo e Como (rispettivamente con il 60,6% e il 41,2%); Milano, che tuttavia vanta il triste primato del maggior numero di campioni in cui sono stati rilevati PFAS (201, tant’è che un campione su tre risulta contaminato) e Brescia (149 campioni positivi)
In base ai risultati ottenuti, è interessante notare che, inquadrando i campioni analizzati nei parametri limite di paesi come la Danimarca o gli Stati Uniti, una parte notevole dell’acqua lombarda sarebbe considerata NON potabile (rispettivamente il 13,4% e il 13,1%).
La richiesta di Greenpeace è dunque quella di “individuare tutte le fonti inquinanti” al fine di “bloccare l’inquinamento all’origine e riconvertire le produzioni industriali che ancora utilizzano queste sostanze”: negli Stati Uniti, ad esempio, sono recentemente stati proposti limiti più severi per il controllo dei PFAS nell’acqua potabile.