Quel detto “l’Italia potrebbe campare solo di turismo” è stato ormai smentito in molte sedi, e gli effetti dell’overtourism si stanno facendo sentire non solo da noi: l’ultimo esempio in ordine di tempo sono state le polemiche a distanza tra il New York Times e la città di Bologna, in cui la testata statunitense accusava la Dotta di essersi eccessivamente piegata alle logiche del consumo turistico, con l’onnipresente mortadella simbolo di questo declino.
C’è comunque chi a questo mercato dedica energie in modo costruttivo, cercando di coglierne e interpretarne gli sviluppi: è il caso dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, ente senza scopo di lucro che presenta in questi giorni la settima edizione del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano”. Promosso da VisitEmilia, ValdichianaLiving, Federturismo, Fondazione Qualivita, Iter Vitis Les Chemins de la vigne en Europe, vede la collaborazione di Economics Living Lab, TheFork e Università degli studi di Bergamo, Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture straniere. È un lavoro corposo ed eterogeneo, ricco di immagini generate con l’AI, che snocciola un bel po’ di cifre sul comparto.
Europa vs. resto del mondo
L’enogastronomia resta un punto indispensabile nei viaggi sia per i turisti europei che extraeuropei. Il 15,3% dei turisti provenienti dall’Europa ha dichiarato quelle enogastronomiche come le esperienze di viaggio preferite, appena sotto il 16,6% di chi preferisce vivere gli spazi naturali. Si tratta di un bacino di mercato ampio – potenzialmente di oltre 60 milioni, di cui 20,6 solo per l’enogastronomia –, con numeri stabili rispetto al 2023.
Numeri che riflettono – e sono conseguenza – della crescita delle ricerche sul web di informazioni e suggerimenti sui viaggi enogastronomici: basti pensare che, rispetto al 2023, le ricerche sul web della parola «cooking tourism» da parte degli inglesi sono aumentate del 250% mentre per «best cities for food in the world» del 143%. Un successo analogo per i visitatori provenienti dal resto del mondo: sommando sia chi viene in Italia per la prima volta sia i viaggiatori veterani, il 78% vuole che nel suo viaggio sia inclusa un’esperienza enogastronomica, un saldo secondo posto dopo l’87% di cultura e storia. Anche tra noi italiani cresce l’interesse per questo tipo di turismo, con un 70% degli intervistati che dichiara il cibo come ragione primaria del viaggio, una percentuale in forte ascesa negli ultimi anni, certamente aiutata dai social.
Meno overtourism
A proposito delle distorsioni dell’eccesso di turismo, il rapporto snocciola numeri interessanti sulla riscoperta delle destinazioni cosiddette “minori”, luoghi poco affollati e lontani dai tradizionali circuiti e, perché no, con un rapporto qualità/prezzo ben più favorevole rispetto alle mete del turismo di massa. Il 63% degli interpellati si dice intenzionato a visitare una di queste destinazioni nel 2025, e il 44% eviterà di taggarle sui social per evitare di condannarle all’overtourism. Dati che sicuramente giovano al patrimonio italiano di borghi e destinazioni rurali, che vede il 20,7% del turismo concentrarsi tra borghi e campagne: una percentuale che accomuna il nostro turismo alla Francia, e che in un paese come la spagna è invece praticamente inesistente.