Le flotte islandesi non cacceranno più le balene – non nel futuro prossimo e, con buona probabilità, nemmeno in quello più o meno remoto. L’Islanda ha di fatto deciso di sospendere le operazioni di caccia dei cetacei fino al 31 agosto dell’anno in corso – una data che fondamentalmente coincide con la fine della stagione in corso – e, stando a quanto lasciato trapelare dalle stesse autorità governative, potrebbe trattarsi di una sorta di preludio per una chiusura definitiva. La decisione, come vedremo in maniera approfondita più avanti, è stata presentata sotto la luce del (mancato) rispetto per il benessere degli animali, ma di fatto c’è anche un importante (e ingombrante) capitolo economico.
L’Islanda e la caccia alle balene: siamo vicini allo stop definitivo?
Ad annunciare la sospensione alla caccia delle balene in Islanda è stato Svandís Svavarsdóttir, ministro dell’Alimentazione, dell’agricoltura e della pesca che, come anticipato in apertura di articolo, ha impugnato la tesi – legittimissima, come vedremo – della violenza sugli animali. Decisivo, in questo contesto, il contenuto di un rapporto dell’Autorità alimentare e veterinaria dello Stato insulare, pubblicato nel maggio di quest’anno che si è per l’appunto occupato di valutare il rispetto del benessere animale durante le battute di caccia a questi particolari animali.
In altre – semplici – parole, l’obiettivo era comprendere se le balene morissero istantaneamente una volta colpite con gli arpioni esplosivi o se invece soffrissero. I risultati inchiodano la pratica della caccia come crudele e, tutto sommato, persino anacronistica: solamente il 59 per cento dei cetacei muore sul colpo, mentre nel restante 41 per cento la morte arriva dopo una media di undici lunghissimi minuti di agonia.
Gli arpioni esplosivi sono esattamente quello che state immaginando – arpioni che, una volta conficcati nella carne delle balene, fanno detonare una granata strappando grandi brandelli di carne dalle vittime. È bene notare, per di più, che la principale preda della flotta islandese è la balenottera comune, una specie classificata come “vulnerabile” nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).
Il rapporto, analizzato da un comitato consultivo di esperti sul benessere degli animali e in secondo luogo preso in esame dallo stesso Ministero dell’Alimentazione, ha di fatto confermato che la caccia alle balene “non è conforme alla legge sul benessere degli animali” e ha spinto il ministero a sospendere la caccia in modo da valutare nuove misure più rispettose del benessere animale.
Quindi sì, il rapporto in questione ha giocato un ruolo chiave nello stop della caccia alle balene in Islanda; ma allo stesso tempo è bene notare che lo stesso Paese, all’inizio dello scorso anno, aveva annunciato che in ogni caso non avrebbe rinnovato le licenze per questa particolare pratica.
In questo caso la pietra dello scandalo è più rigorosamente di natura economica: la domanda per la carne di balena era diminuita drasticamente, e con la ripresa delle attività di caccia da parte del Giappone il guadagno era diventato pressoché nullo.