Influenza aviaria all around the world – sempre più in tutti i sensi, a dire il vero: stando alle ultime rilevazioni del British Antarctic Survey, infatti, il morbo sarebbe stato individuato per la prima volta anche tra gli uccelli marini dell’Antartide. Le dichiarazioni degli scienziati, d’altro canto, non lasciano ombra di dubbio – “L’influenza aviaria altamente patogena (HPAI) è stata confermata nelle popolazioni di skua bruno a Bird Island, nella Georgia del Sud: si tratta dei primi casi noti nella regione antartica”, si legge in una nota stampa – e soprattutto avanzano ombre inquietanti su un potenziale e rapido contagio nelle fitte colonie locali di altri uccelli e di mammiferi.
Influenza aviaria: le preoccupazioni della comunità scientifica
L’ipotesi avanzata dalla comunità scientifica è che l’influenza aviaria sia stata “portata” al Polo Sud dagli uccelli di ritorno dalla migrazione in America del Sud; tant’è che nell’agosto di quest’anno l’OFFLU – una rete aperta di esperti globali sull’influenza aviaria – pubblicò un rapporto in cui si sottolineava nettamente il potenziale rischio di un focolaio in Antartide e isole adiacenti “a causa della migrazione primaverile degli uccelli selvatici dal Sud America ai siti di riproduzione nell’Antartico”.
Il rischio, come accennato in apertura di articolo, è di una moria su larghissima scala e fondamentalmente incontrollata. Citando il rapporto in questione, l’impatto negativo sulle popolazioni locali dell’influenza aviaria è stato definito potenzialmente “immenso” a causa della “probabile suscettibilità delle colonie alla mortalità del virus dell’influenza aviaria, dovuta a densità di popolazione che arriva a migliaia di pinnipedi e centinaia di migliaia di uccelli”.
L’Antartide e le sue isole al largo ospitano “più di 100 milioni di uccelli nidificanti, sei specie di pinnipedi e 17 specie di cetacei”, secondo l’OFFLU: l‘influenza aviaria troverebbe le condizioni ideali per una trasmissione rapida ed efficiente, mutilando pesantemente i numeri delle colonie.
Come anticipato, il rischio di un contagio di massa andrebbe a riguardare anche gli stessi mammiferi: non è un caso, ad esempio, che nel corso degli ultimi mesi – macchiati, come i nostri lettori più attenti ben sanno, da quella che è stata riconosciuta come la stagione epidemica di influenza aviaria più grave di sempre – siano stati segnalati centinaia di casi in volpi, puzzole, cani e gatti.
E se lo scenario di una potenziale pandemia continua a essere remoto – il virus dovrebbe andare incontro a una lunga serie di mutazioni per riuscire a trasmettersi da uomo a uomo -, il mondo non può più ignorare il pericolo: la Francia, ad esempio, ha già avviato una campagna di vaccinazione di massa.