Ce lo hanno insegnato i più spettacolari blockbuster: quando la calamità, il mostro, l’alieno di turno fa la sua comparsa nella Grande Mela… sono cavoli amari. Stavolta ahimé non parliamo di effetti speciali. Siamo nella vita vera in cui l’influenza aviaria esiste e, dopo aver fatto il giro degli Stati Uniti, è arrivata a New York. Precisamente a Long Island, dove in questi giorni un allevamento di anatre si trova costretto a “terminare” ben 100mila esemplari.
Le anatre di Long Island
Long Island, lo dice il nome, è un’isola lunga. Di fatto siamo già anche a New York City: gli interi distretti di Queens e Brooklyn (peraltro i più grandi della città) ne fanno parte. Il resto, quello che si propaga sull’Oceano Atlantico, è costellato di spiagge isolate, villaggi di pescatori e spettacolari ville da nababbi (The Hamptons vi dice qualcosa?). Proprio qui troviamo uno dei suoi prodotti tipici: l’anatra di Long Island, una leccornia conosciuta in tutti gli States e nota per il gusto delicato e la carne tenera.
Famosa anche perché rara, visto che è rimasta soltanto una fattoria dedita al suo allevamento. La Crescent Duck Farm sorge nel villaggio di Aquebogue, NY. Doug Corwin è il proprietario, rappresentante della quarta generazione di allevatori dal 1908. In qualche modo però è anche l’ultimo di un business che sembra ormai far parte del passato: qui negli anni Quaranta, nella zona tra Brookhaven, Southampton e Riverhead, c’erano più di 90 fattorie.
Talmente solo, non solo a Long Island, che la produzione della Crescent Duck Farm rappresenta il 3,5% della totalità delle anatre allevate negli Stati Uniti. La fattoria rifornisce ristoranti in tutta l’area del Nordest americano, da New York a Washington, Boston, Philadelphia. Una resistenza che ha pagato nel corso degli anni, ma che adesso rischia di crollare. Perché anche qui, come era inevitabile in un allevamento intensivo di anatre, è arrivata l’influenza aviaria.
Una decisione difficile, ma inevitabile
Negli ultimi mesi la situazione negli Usa è stata caldissima, e non parliamo solo di incendi, elezioni e ordini esecutivi. L’influenza aviaria o virus H5N1 sta preoccupando moltissimo scienziati e allevatori, e piano piano anche il grande pubblico. Fra latte contaminato, primi casi gravi (in totale a oggi siamo arrivati a 67 esseri umani colpiti) e pure gatti domestici che muoiono, c’è da tenere la guardia alta e sperare di non finire dritti dritti nella prossima pandemia.
Così, appena i test tornano positivi, occorre ricorrere alle misure drastiche. La Suffolk County Health Department, agenzia di controllo sul campo, ha messo in quarantena la fattoria in via cautelare. Gli organi ufficiali si sono recati in loco per svolgere attività di “spopolamento, pulizia, disinfezione”. L’intero processo dovrebbe durare dai due ai tre mesi, ma non basta. Perché in questo caso la decisione drastica da prendere è uccidere tutte le 100,000 anatre dell’allevamento che potrebbero essere state colpite dal virus.
“Faccio questo lavoro da sempre e siamo gli ultimi in questo settore” ha detto Corwin. “Spezza il cuore. Lavori una vita e all’improvviso tutto è perduto”. Il danno, oltre alle vittime animali, è ovviamente anche economico. Delle 75 persone impiegate in fattoria, 45 sono già state licenziate. E ovviamente eliminare tutti i capi significa andare in rovina. L’unica speranza è che il governo risparmi le migliaia di uova tuttora in incubazione. I pulcini potrebbero essere lo stormo del futuro – a patto che il futuro preveda anche un vaccino. “Questa malattia si sta diffondendo a macchia d’olio” chiude Corwin. “Ho 66 anni, mio bisnonno ha fondato l’azienda. Ne ho viste di cose, ma niente è paragonabile a questo”.