Lindt ha fatto decisamente arrabbiare i produttori storici del gianduiotto. Il fatto è che il Comitato del Giandujotto di Torino Igp ha appena chiesto di poter ottenere a livello europeo il riconoscimento come Indicazione geografica protetta per il Giandujotto di Torino. Il che ci sta, non fosse che attualmente il procedimento di richiesta è fermo ai box di partenza perché Lindt si è incaponita nel voler cambiare la ricetta. Il colosso svizzero, infatti, ha esplicitamente richiesto che nella ricetta del disciplinare venga inserito anche il latte. Eresia tuonano però i marchi storici come Ferrero, Venchi, Domori e Gobino: il gianduiotto non deve veder passare il latte neanche da lontano, visto che il vero gianduiotto si compone di soli tre ingredienti, nocciole, zucchero e massa di cacao.
E stop: il latte non ci azzecca nulla con la ricetta tradizionale. Certo, se poi parliamo di produzione industriale di massa, è ovvio che siano stati inseriti altri ingredienti. Ma considerando che qui si parla di una Igp, dovrebbe essere prodotta con gli ingredienti della ricetta originaria, non con quelli di comodo.
Scoppiata è la guerra dei gianduiotti
Per Antonio Borra, segretario del Comitato del Giandujotto di Torino Igp, la richiesta arrivata dalla Lindt è del tutto “inaccettabile”. Questo perché, come dicevamo prima, il gianduiotto si produce con nocciole, zucchero e massa di cacao, non con il latte o i suoi derivati.
La richiesta di far diventare il Giandujotto di Torino una Igp va avanti dal 2017. Grandi aziende come Ferrero, Venchi, Domori e Pastiglie Leone stanno sostenendo tale progetto. Ma non sono sole: accanto a loro ci sono anche maestri cioccolatieri del calibro di Guido Gobino, Guido Castagna e Giorgio e Bruna Peyrano.
Borra ha spiegato che il giro d’affari dei gianduiotti ha un valore di circa 200 milioni di euro all’anno. E lancia una frecciata neanche troppo velata a Lindt: “Un gruppo svizzero non può far naufragare un progetto europeo”.
Se giustamente vi state chiedendo perché la Lindt si stia incaponendo tanto e a che titolo, beh, è presto detto. A produrre i primi gianduiotti (presentati al pubblico proprio da Gianduia, la maschera tipica del Carnevale di Torino) fu la ditta Caffarel che, guarda caso, dal 1997 appartiene alla Lindt.
La storia della nascita dei Gianduiotti, così come viene tramandata ai posteri, racconta che Napoleone Bonaparte aveva indetto il Blocco Continentale, impedendo così al cacao di arrivare in Europa e causando una costante penuria di questa materia prima.
Si arriva così al 1865, Napoleone nel frattempo era già morto, ma la mancanza di cacao aveva spinto la Caffarel a ovviare a questa penuria di cacao aggiungendo ai suoi cioccolatini la nocciola tonda gentile delle Langhe. Da lì erano nati i Gianduiotti.
Tuttavia in questa storia c’è qualcosa che non torna. In particolare per quanto riguarda le date. Napoleone impose il Blocco Continentale nel 1806. Il Blocco andò avanti fino al 1814, quando il governo provvisorio francese decise di mettere ufficialmente fine ad esso. Considerando che Napoleone è morto nel 1821 e che ufficialmente il Gianduiotto viene fatto nascere nel 1865, appare improbabile che quel primo Blocco Continentale fosse la causa della mancanza di cacao. Secondo altre fonti, la decisione di inserire altri ingredienti oltre al cacao fu causata dai rincari della materia prima.
Quindi come è andata veramente questa vicenda? Effettivamente, nel 1806, a causa del Blocco, si cominciò a inserire nella cioccolata la nocciola per sopperire alla mancanza di cacao. Nel frattempo passano quasi 60 anni, il Blocco diventa storia vecchia, ma ecco che la Caffarel decide di dare una nuova forma al cioccolato gianduia, facendo nascere così i gianduiotti presentati poi ufficialmente dalla maschera Gianduia.
Gianduiotti che però non hanno il latte nel loro impasto. Staremo ora a vedere chi la spunterà, se la ricetta tradizionale o le esigenze del commercio di massa.