L’Europa tutela il miele: cosa prevede l’obbligo in etichetta

L'Europa ha deciso, e il mondo del miele italiano applaude: d'ora in avanti sarà obbligatorio indicare in etichetta il Paese di provenienza.

L’Europa tutela il miele: cosa prevede l’obbligo in etichetta

Il mondo del miele si è fatto un poco più severo e, allo stesso tempo, un poco più dolce – almeno per i produttori nostrani. Sapevate, tanto per cominciare, che secondo un rapporto relativamente recente – marzo 2023, a essere precisi – quasi la metà del miele importato in Europa è falso, e cioè composto da sciroppo ricavato da grano, riso e barbabietola da zucchero? Una mole importante e contro la quale la produzione italiana, pesantemente mutilata dal cambiamento climatico e strozzata da costi di produzione in forte aumento (+35% rispetto al biennio 2018-2020), può poco o nulla.

Beh, almeno fino a poco fa. L’Europa ha deciso, e il miele italiano applaude: da ora in avanti sarà obbligatorio indicare il Paese di provenienza in etichetta – una misura che contrasta nettamente i prodotti adulterati e che invece va a tutelare le produzioni più genuine.

Il miele italiano tra tutela e difficoltà

miele pane

Più che eloquenti, a tal proposito, sono le parole di Paolo De Castro e Camilla Laureti, membri Pd della Commissione agricoltura del Parlamento Ue: “Abbiamo approvato lo stop europeo alle sempre più frequenti frodi alimentari che riguardano il miele” hanno commentato in seguito all’approvazione all’unanimità della posizione ComAgri sulla Direttiva Colazione, “vietando i prodotti adulterati e di provenienza sconosciuta”.

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Parole che trovano una piena risonanza nelle dichiarazioni di Raffaele Cirone, presidente Fai-Federazione apicoltori italiani: “Il quadro delle criticità nazionali è aggravato dalla concorrenza sleale dei Paesi europei” ha spiegato “che sono al tempo stesso piazze di confezionamento ed esportazione di miele extracomunitario nazionalizzato e usato per le miscele del prodotto collocato nei mercati dalla Gdo e dall’industria italiana”.

Numeri alla mano, il prezzo medio del miele importato è di 3,80 euro al chilo, contro i 4,56 euro al chilo di quello esportato: basta un’occhiata, anche distratta, per rendersi conto che i dati indicano una chiara penalizzazione per il prodotto del nostro caro e vecchio Stivale – anche perché, stando a una recente indagine del Crea, produrre appena un chilogrammo di miele in Italia ha un costo in media compreso tra i 4,1 euro e i 13, in base al tipo e alla grandezza dell’allevamento preso in esame.

“La redditività per i produttori italiani è sotto i costi di produzione” ha commentato a tal proposito Giuseppe Cefalo, presidente Unaapi. Sul settore, come accennato in apertura di articolo, pesano anche e soprattutto i più recenti aumenti ai costi di produzione. “L’Italia è storicamente deficitaria di miele: oltre la metà del fabbisogno nazionale arriva dall’estero soprattutto destinato all’industria di trasformazione, e a prezzi bassissimi”. La nuova norma europea, in questo senso, pare un passo nella giusta direzione.