Semaforo verde dall’eurocamera – il nuovo Regolamento Ue che disciplinerà, attraverso un testo unico, i settori del vino, delle bevande spiritose e altri prodotti agricoli e agroalimentari a Indicazione Geografica, ha ottenuto il via libera. Il prossimo passo, da considerarsi più come prassi puntuale che come ostacolo, è di fato il pollice in su del Consiglio Europeo, che dovrebbe giungere entro la fine del prossimo mese.
Numeri alla mano, si tratta di un’ampia riforma che andrà a coinvolgere un totale complessivo di 3410 prodotti Dop e Igp nel contesto europeo (di questi, è bene notarlo, 890 provengono dal nostro caro e vecchio Stivale), forte di un valore alla produzione di 80 miliardi di euro (la fetta italiana, in questo caso, ammonta a poco più di un quarto del totale: 20,2 miliardi). Il nuovo regolamento, in altre parole, ha una mole – in termini di impatto, certo; ma più banalmente anche per le sue stesse dimensioni – decisamente notevole: diamo un’occhiata ai punti più importanti.
Un’occhiata alle nuove regole per le Indicazioni Geografiche
Per la prima volta la normativa europea ha raccolto in una sola base legislativa tutte le produzioni appartenenti, come accennato nelle righe precedenti, al mondo del vino, delle bevande spiritose e dei prodotti agroalimentari Dop e Igp: il percorso di approvazione, portato avanti nell’ottica di un nuovo sviluppo e potenziamento del comparto, è culminato con il voto in seduta plenaria del Parlamento europeo con 520 voti favorevoli, 19 contrari e 64 astensioni.
Le nuove norme, dicevamo, sono generalmente improntate nell’attribuzione di maggiori poteri ai produttori, in una semplificazione del processo di registrazione delle Indicazioni Geografiche e nel rafforzamento delle misure di tutela.
Misure di tutela che, è bene notarlo, sono di fatto state irrobustite sia per quanto concerne il piano online e digitale, attraverso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale; che in quello più tradizionalmente pratico dell’etichetta, con l’introduzione dell’obbligo, ad esempio, di indicare la presenza di un ingrediente Igp o Dop impiegato nella produzione del prodotto.
L’idea, spiega Paolo De Castro (Pd), relatore del progetto di riforma all’Europarlamento, è stata quella di eliminare “le falle che consentivano di sfruttare indebitamente la reputazione delle Ig, come nel caso dell’aceto balsamico sloveno e cipriota, o del Prosek made in Croazia”.
Altri campi di intervento, dicevamo, riguardano il potenziamento del ruolo dei Consorzi di tutela, forti dell’estensione da 3 a 6 anni per i piani di regolazione dell’offerta o della possibilità di creare clausole di condivisione del valore lungo la filiera, ma anche chiamati a redigere un rapporto di sostenibilità che documenti gli sforzi compiuti in termini di sostenibilità ambientale; e ancora una semplificazione, tradotta in uno snellimento dei tempi, per le richieste di modifica dei disciplinari, con questi che passeranno sotto la lente della Commissione europea solamente se forieri di potenziali restrizioni al mercato unico.