Polveri bagnate per le piogge degli ultimi giorni? Macché, tutto il contrario: qui non si aspetta che la scusa di una scintilla per premere il grilletto, e poco importa se la Commissione europea ha di recente aperto una procedura di infrazione contro il nostro caro e vecchio Stivale proprio a tema caccia. Ma andiamo con ordine: la marcia dell’Italia verso un nuovo far west, puntualmente giustificata (per non dire nascosta) dall’egidia della tutela alle coltivazioni, è ormai ben avviata.
Il tema, in altre parole, non è solo lo sparare facile (da intendersi come a qualsiasi animale e in qualsiasi luogo, aree urbani e parchi e riserve naturali dovutamente comprese); ma anche il fatto che il permesso di premere il grilletto con tanta leggerezza sia stato giustificato dall’idea che la fauna selvatica (leggere: cinghiali) danneggi le coltivazioni. La conseguenza è naturale, e forse addirittura scontata: tra le file degli amanti della carabina sono confluiti gli stessi agricoltori, e con loro il vessillo gialloverde della Coldiretti.
Dai fucili ai sedicenni alla procedura d’infrazione: l’Italia e la caccia
Non è mistero che spesso e volentieri il Governo e la Coldiretti abbiano potuto vantare certo allineamento di vedute: l’esempio più lampante, e a cui abbiamo dedicato più spazio nelle nostre pagine, è probabilmente la lotta alla carne coltivata, il cui “no” definitivo fu festeggiato dal numero uno gialloverde, Ettore Prandini, con una scazzottata davanti al Parlamento.
Ma torniamo a noi, e alla legge sulla caccia: al decreto legge Agricoltura, fortemente voluto dal ministro Lollobrigida e firmato da Mattarella in seguito – è bene notarlo – a un’interlocuzione tra lo stesso Capo dello Stato e Giorgia Meloni a causa dei dubbi espressi dal Quirinale, è stato aggiunto il contenuto della proposta di legge presentata lo scorso dicembre dal deputato leghista Francesco Buzzone, che vorrebbe – tra le altre cose – ammorbidire i permessi sull’impiego dei richiami vivi, lasciando libero campo decisionale alle singole regioni e più in generale aprire alla liberalizzazione della caccia.
Il significato di tale aggiunta, come spiegato dai colleghi de Il Fatto Quotidiano, è che entro il 15 luglio (data in cui il DL deve essere convertito) la proposta di Buzzone sarà legge senza nemmeno un dibattito parlamentare. E badate bene – non si tratta che della coronazione, o della ciliegina sulla torta se preferite, di un più lungo percorso di deregolamentazione della caccia, del “liberi tutti” per armieri, cacciatori e amici della doppietta.
Il primo tassello cade nel dicembre del 2022: Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera, inserisce nella legge di Bilancio un emendamento che apre esplicitamente alla possibilità di sparare “nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane”, opportunatamente nascosta sotto l’idea di un “piano di contenimento” per i cinghiali. Le maglie dell’emendamento, l’avrete intuito, sono larghe a sufficienza da permettere di applicare la norma a tutta la fauna selvatica.
Un paio di mesi più tardi l’Italia tenta di dribblare, tramite una circolare firmata dai ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura, l’entrata in vigore della direttiva europea che allarga i divieti di utilizzo del piombo nelle munizioni dei cacciatori in determinate zone geografiche. Un gioco che, come già accennato in apertura di articolo, ci vale una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea.
L’ultimo punto di questa odissea verso lo sparare facile arriva con il disegno di legge depositato dal meloniano Bartolomeo Amidei che avrebbe consentito ai sedicenni di imbracciare il fucile. Il ministro Lollobrigida, in questo caso, interviene a bocciare la proposta: la direzione imboccata, tuttavia, è già limpida agli occhi di tutti.