L’agricoltura biodinamica non è più equiparata a quella biologica, la legge italiana non ospiterà riferimenti a pratiche esoteriche e stregonesche, la scienza ha vinto. Così scrivono tutte le testate, e così tocca scrivere anche a noi. Ma così è solo in parte: c’è poco da esultare perché si tratta di una finta vittoria, di un successo di facciata. La legge sul biologico cambia, ma solo in parte, e l’effetto più evidente è solo l’allungamento dei tempi: il testo è stato modificato dalla Camera e quindi torna al Senato, e con l’aria da fine legislatura che tira, chi sa se ne uscirà mai.
Ora, vedi tu un poco se ci tocca passare per difensori della biodinamica. A me personalmente, se devo dirlo, cornosilice e cornoletame, acqua dinamizzata e fuffa varia mi stanno abbastanza sull’anima. Ma mi stanno sull’anima ancora di più le fesserie: e negli ultimi mesi se ne sono sentite parecchie. Come dicevamo ieri presentando l’arrivo del testo alla Camera e le relative polemiche. Ma vediamo le novità di oggi.
Biodinamica fuori dalla legge, anzi no
Nel testo arrivato dal Senato alla Camera la parola “biodinamica” compare tre volte. La prima, nell’articolo 1, che statuisce la famigerata equiparazione. In realtà il testo parlava di metodi applicati nel rispetto delle disposizioni europee e italiane sul biologico: cui la biodinamica aggiunge qualcosa (le pratiche “magiche”) senza togliere. Insomma la legge dice(va) quello che nei fatti già è: il biodinamico non è diverso dal biologico, ma è biologico più qualche altra cosa. In ogni caso, questo è il riferimento eliminato nell’emendamento appena approvato dai deputati. Addio equiparazione.
Ma, attenzione: il secondo riferimento è ancora lì. Ed è quello più importante, con effetti pratici. Al Tavolo tecnico per la produzione biologica, istituito dall’art. 5, siede tra decine di altri rappresentanti “un rappresentante delle associazioni maggiormente rappresentative nell’ambito della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biodinamico”. Quindi è più corretto parlare di compromesso, anzi ancora meglio di soluzione all’italiana: da una parte la facciata, l’apparenza, l’ideologia; dall’altra la sostanza, la pratica, i fatti.
D’altro canto, il biodinamico compariva già nel diritto italiano, perché delle norme in materia esistono già, e i suoi rappresentanti già siedono a quel Tavolo, perché il tavolo è stato istituito ben nove anni fa, e la legge non fa altro che confermarlo. Lo ha ribadito anche la prima firmataria del disegno di legge, la deputata Maria Chiara Gadda (Italia Viva): “L’agricoltura biodinamica rimane, così come resta nei piani di settore, ai tavoli tecnici e nei bandi di gara in quanto parte già normata del settore e rispettosa delle regole sul biologico. Abbiamo bisogno di più scienza, di più ricerca, e di più agricolture perché il Paese abbia più possibilità, non meno”. Che poi era anche quello che diceva l’agronomo Sartori nella nostra intervista sulla falsa contrapposizione tra convenzionale e bio.
Il fatto che il nucleo della questione fosse il Tavolo, e non il proclama, lo aveva intuito anche il recente Nobel per la fisica Giorgio Parisi nella sua intemerata di qualche giorno fa. Prendendo però poi un clamoroso scivolone quando parlava di “corsia preferenziale” e “trattamento di favore” per il biodinamico nei confronti del “semplicemente” biologico. Cosa non vera, perché come si vede dalla legge, a quel Tavolo ci sono più posti che su un Boeing.
La legge sul biologico a rischio
Bisogna ribadire l’ovvio? Quando Parisi parla di fisica io taccio e ascolto, anzi non ascolto neanche perché dopo due parole già non ci capisco più una mazza. Ma quando parla di altro, il suo pensiero vale come quello di un quivis de populo, mediamente acculturato: non “la scienza”, ma un’opinione come un’altra, anzi come s’è visto pure meno ragionevole e fondata di altre.
Stesso discorso si può fare per Elena Cattaneo, scienziata (farmacologa e biologa, studiosa di cellule staminali) e senatrice a vita. La quale quando dice “si tratta di prodotti che si trovano nei supermercati a prezzi doppi o tripli rispetto a quelli privi di certificazione biologica, ma che non hanno nulla di più se non il prezzo” non sta svelando una grande verità scientifica, ma si esprime esattamente come mia zia Antonietta quando va a fare la spesa e s’incazza perché vuole la roba buona che però costa poco. E quando dice “mi spaventa che si voglia incentivare il consumo del biologico” non si accorge che questa preferenza non è un errore o un ghiribizzo di qualche deputato fricchettone, ma un indirizzo politico assolutamente legittimo e anche in linea con l’Europa. L’Unione Europea – nell’ambito del Green Deal, l’ambizioso programma di riduzione delle emissioni ovvero il disperato tentativo di arginare la catastrofe climatica – si è posta l’obiettivo di portare come minimo al 25% la produzione biologica.
Insomma il risultato qual è? Abbiamo tolto l’espressione “biodinamica equiparata”, abbiamo lasciato il rappresentante della biodinamica seduto al Tavolo, abbiamo rimandato il testo della legge al Senato. Dove era già approdato in prima lettura tre anni fa (dicembre 2018) e da dove chissà se uscirà mai in forma di legge. Una legge che il settore biologico aspetta e implora da anni: un settore che vede l’Italia in posizione avanzata (16% di coltivazioni contro l’8% della media Ue) e che meriterebbe di essere sostenuto, anche a scapito di battaglie ideologiche e nominalistiche. I senatori “hanno promesso di approvare legge entro un massimo di due mesi”: Gadda ci crede. Crediamoci anche noi