La vicenda di Eataly Fico a Bologna continua a generare più perplessità che altro. Già l’annuncio di chiusura di Oscar Farinetti aveva sopreso un po’ tutti, ma poi c’era stata la questione relativa al fatto che non era una chiusura, cioè, lo era, ma con annessa riapertura in nuova veste. Ma una cosa passata un po’ in sordina era il destino dei lavoratori di Eataly Fico. In realtà Oscar Farinetti aveva rassicurato tutti: i lavoratori sarebbero stati tutelati. Però non tutti erano rimasti convinti da tale affermazione e adesso i sindacati e i lavoratori hanno espresso i loro timori.
Che fine faranno i lavoratori di Eataly Fico?
Tecnicamente Oscar Farinetti, a pochi mesi di distanza dall’acquisizione del 100% del Parco Fico di Bologna, ha annunciato che il Parco Fico così come lo conosciamo chiuderà per subire una ristrutturazione che ne cambierà volto, offerta e nome.
Solo che qualcosa non torna ai sindacati. In particolare Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno chiesto e ottenuto un incontro con la dirigenza del Parco, più precisamente con Piero Bagnasco e Matteo Ferrio.
I sindacati hanno spiegato che la dirigenza ha “parzialmente ridimensionato” le dichiarazioni rilasciate in precedenza da Oscar Farinetti alla radio (ma solo quelle relative al Parco Fico, non quelle inerenti il Barolo, quelle rimangono lì a imperitura memoria per i posteri). Infatti la dirigenza non parla di chiusura del Parco, ma bensì di ristrutturazioni parziali che si svolgeranno a zone.
Subito dopo, però, la dirigenza si è prontamente contraddetta quando ha sottolineato che se anche ci dovesse essere una chiusura totale del Parco (ma come, non era solo una ristrutturazione parziale? Che qui a passare da ristrutturazione parziale a chiusura totale è un battito di ciglia), ecco che i 55 lavoratori diretti del Parco potranno proseguire il lavoro all’interno del Parco.
Con una tale pletora di affermazioni e contro affermazioni che si smentiscono a vicenda, ecco che Cgil, Cisl e Uil non sono per niente convinti delle promesse fatte. Anzi: temono che il rischio di perdita dei posti di lavoro sia molto alto. Praticamente una certezza a voler essere molto pessimisti.
I sindacati hanno riferito che la dirigenza, quando gli è stato chiesto della sorte dei lavoratori delle società, dei consorzi e dei ristoranti interni al Parco, ha affermato che tutte le aziende interne sono interessate al nuovo progetto Grand Tour Italia e quindi nessuno perderà il posto di lavoro.
Solo che i sindacati hanno informazioni discordanti. Per esempio, pare che qualche azienda non rinnoverà il contratto, il che vuol dire la perdita di posti di lavoro. Quando il sindacato gli ha fatto notare ciò, ecco che la dirigenza ha spiegato che il nuovo progetto richiederà molte risorse e che si impegna a riassumere in via prioritaria chi perderà il posto di lavoro.
I sindacati, poi, rinfacciano anche alla dirigenza le modalità di comunicazione. Prima Oscar Farinetti che dice una cosa alla radio, poi la dirigenza che fa dietro front: diciamo che sul fronte comunicazione si può migliorare. Dello stesso avviso anche Valerio Veronesi, presidente della Camera di Commercio di Bologna che lamenta il fatto che nessuno li ha preventivamente avvisati e che non è stato neanche chiesto un incontro preventivo. E si chiede che fine faranno le aziende e i dipendenti del Parco.
Veronesi ha poi spiegato a Il Resto del Carlino che loro hanno “investito sulla fiducia” (non sono un’esperta in materia, ma non mi sembra una grande idea questo “investire sulla fiducia”). Sapevano che c’era un progetto che, esaminato dal punto di vista economico, presentava da sempre delle difficoltà. Ma nonostante questo gli investimenti ci sono stati. E non sono solo le imprese bolognesi che hanno investito sulla fiducia ad essere preoccupate della situazione. Ci sono tanti altri investitori che hanno dato i loro soldi a Fico e che adesso guardano preoccupati al futuro. Un esempio? Beh, forse non tutti sanno che molte Casse previdenziali hanno investito nel progetto del Parco Fico Eataly World credendoci fortissimamente (o almeno, così hanno fatto intendere ai loro iscritti), fra cui anche l’Enpav, l’equivalente dell’Inps per i veterinari che stanno vedendo i loro soldi e le loro speranze di una pensione allontanarsi sempre di più.