Le Olimpiadi sarebbero state meglio senza foie gras?

Il cibo, che ci piaccia o no, è stato un tema centrale alle Olimpiadi di Parigi: tra contraddizioni e aspettative disattese, vediamo il caso del foie gras.

Le Olimpiadi sarebbero state meglio senza foie gras?

Parallelamente al racconto sportivo, che com’è giusto che sia si è preso la scena, la cronaca delle Olimpiadi di Parigi è anche e soprattutto stata accompagnata dal racconto gastronomico. Racconto pruriginoso e irto di polemiche, badate bene, costellato dalle proteste avanzate dagli stessi atleti e da decisioni grossolanamente contraddittorie. Una su tutte, la decisione di servire foie gras nonostante la fanfara retorica che presentava il menu olimpionico come sostenibile e con forte impronta vegetale.

C’è (stata) una lista di cibi vietati, e questo non è certo un segreto. Niente avocado, tanto per cominciare, proprio nel nome della sostenibilità di cui sopra. Poi niente patatine fritte, bollate come “troppo rischiose“; e niente nugget di pollo, che c’è sempre spazio per il tiro mancino agli inglesi. Poi il foie gras: vietato per gli atleti, ma permesso ai vip. D’altronde tutti sanno che le anatre sono contente di farsi ingozzare, se è per le celebrità di questo mondo.

Le proteste e l’orecchio sordo

foie gras

Parlavamo di contraddizione, dunque, che come accennato diventa quel tanto più lacerante se consideriamo la massiccia campagna comunicativa atta a esaltare la virtuosità del menu olimpionico. L’inclusione del foie gras non è passata inosservata: l’associazione britannica Animal Equality e altre ONG hanno dato corpo a un fronte di 60 mila persone unito sotto l’obiettivo di eliminare il foie gras dai Giochi di Parigi.

Come mai il cibo continua a essere un tema centrale in queste Olimpiadi 2024? Come mai il cibo continua a essere un tema centrale in queste Olimpiadi 2024?

La protesta ha addirittura raccolto il favore di alcuni atleti olimpici, ma il suo eco si è di fatto perso su di orecchie sorde. Vale la pena notare che Animal Equality, nello sforzo di organizzare la propria campagna, ha documentato le condizioni disumane a cui sono sottoposti gli animali durante la produzione di foie gras evidenziandone i già noti danni fisici e malessere psichico inferto.

Le Olimpiadi si sono concluse già da qualche ora, e come anticipato il Comitato Olimpico ha preferito rispondere facendo le proverbiali “orecchie da mercante”. Una macchia d’ipocrisia che, per l’appunto, si aggiunge a una narrazione – quella del cibo servito alla mensa olimpica, per l’appunto – già controversa.

Il cibo, in altre parole, è stato un tema centrale alle Olimpiadi di Parigi – anche se non nel modo in cui gli organizzatori si sarebbero augurati, viene da pensare. “Non ci sono abbastanza opzioni proteiche, e si aspetta in fila per mezz’ora perché non c’è un sistema di gestione delle code” ha spiegato ad esempio Adam Peaty, nuotatore britannico. Il dubbio sorge spontaneo: nel rispetto della narrazione sostenibile sopracitata, perché le risorse necessarie ad approvvigionare e preparare il foie gras non sono state spese in altro modo?