Tempi duri per le nocciole: mentre la Turchia, primo produttore al mondo, piange lacrime asciutte per un raccolto mutilato dalla siccità; sui monti Cimini, nel cuore più selvaggio del viterbese, si stimano perdite comprese tra i 50 e i 60 milioni di euro. In questo caso, similarmente ai colleghi turchi, la matrice del problema è la stessa – il cambiamento climatico e le sue conseguenze -, ma la manifestazione è diversa: se laggiù manca la pioggia, qui il nemico della nocciola sono le cimici asiatiche.
Colpo duro per gli agricoltori locali, ma anche e soprattutto per la Ferrero, che da cinque anni a questa parte fa per l’appunto affidamento al flusso produttivo di questo angolo dello Stivale per l’approvvigionamento di nocciole italiane. I risultati, con ogni probabilità, li vedremo sugli scaffali: Rocher e Nutella dovranno trovare la propria materia prima altrove, con potenziale (e puntuale) aumento del prezzo ormai ben visibile all’orizzonte.
Le cimici distruggono le nocciole: la risposta è una vespa
Numeri alla mano, si stima che lo scorso anno il cappio della siccità determinò una mutilazione del 70% delle nocciole nel viterbese. Quest’anno, come accennato in apertura, il nemico ha tuttavia assunto i connotati delle cimici asiatiche, la cui popolazione locale è proliferata a causa delle particolari condizioni metereologiche (piogge fino a giugno, e poi un nuovo e protratto arco siccitoso) fino a rendere non commercializzabile fino al 30-40% del prodotto complessivo.
È bene notare che le cimici asiatiche non hanno predatori naturali, ed è dunque “esplosa come sempre accade per un parassita che si trova a riprodursi in un ambiente nuovo”, spiega il professore Stefano Speranza, dell’Università degli studi della Tuscia. Si tratta di un insetto che ha fatto le sue prime comparse nel 2018, nelle fasce più settentrionali dello Stivale, per colonizzare anche altre parti della Penisola. “I fattori climatici nei mesi scorsi hanno reso il problema molto più grave” ha aggiunto Speranza.
La proposta di Confagricoltura per combatterle è quella di lanciare le vespe samurai, unico antagonista della specie, ma la strada è comunque in salita: il servizio fitosanitario del Lazio, infatti, ha spiegato che l’utilizzo di tale predatore i prevede una richiesta di autorizzazione da parte del Ministero dell’ambiente – richiesta che dovrebbe fare seguito al termine degli opportuni studi ad hoc – e necessiterebbe di fondi per tentare la sperimentazione almeno per tre anni.
Salvare le nocciole, in altre parole, pare tutt’altro che semplice; e il “Progetto nocciola Italia”, lanciato dalla stessa Ferrero per ridurre la quota di materia prima acquistata all’estero, pare destinato a ridimensionare la propria ambizione.